Urge un «colpo di spugna» sull’articolo 112 della Legge di Bilancio per il 2025, giacché «introduce un destabilizzante sistema di controllo all’interno delle società, degli enti, degli organismi e delle fondazioni di diritto privato» che ricevono, anche in modo indiretto (e sotto qualsiasi forma), contributi dallo Stato, mediante la designazione del componente del collegio sindacale, o del collegio dei revisori da parte del ministero dell’Economia. Ad invocarlo è stato sia il Consiglio nazionale dei commercialisti, per bocca del presidente Elbano de Nuccio, sia quello dei consulenti del lavoro guidato da Rosario De Luca, nel corso delle audizioni di ieri pomeriggio, nelle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, sulla manovra; i vertici delle due categorie economico-giuridiche hanno sostenuto l’esigenza della soppressione della norma che, da giorni, sta incassando le critiche di parte del mondo del lavoro autonomo e delle aziende (e su cui, come illustrato su ItaliaOggi del 29 ottobre, il deputato del gruppo misto Andrea de Bertoldi aveva subito annunciato la presentazione di un emendamento per intervenire nei confronti di una disposizione «illiberale e con evidenti profili di incostituzionalità», nonché «irrispettosa della professionalità di sindaci e revisori»).
A giudizio dei consulenti del lavoro, «l’esistenza di casi di utilizzo illecito di contributi pubblici», fenomeno che andrebbe contrastato «ex ante» (al momento, cioè, dell’attribuzione delle risorse), non può giustificare una misura generalizzata di tale natura. Quanto ai commercialisti, nel documento consegnato in Parlamento hanno ritenuto «doveroso rammentare come i sindaci vantino «ex lege» competenze tecniche e professionali specifiche con cui esercitano un utile presidio di legalità», poiché si tratta di soggetti «tenuti a vigilare sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adottati dalle società e dagli enti», nonché «sul loro corretto funzionamento».
Confprofessioni, la Confederazione delle associazioni di varie categorie presieduta da Gaetano Stella, ha stimolato il governo a proseguire nell’attuazione di «tutti i principi e criteri direttivi contenuti nell’articolo 5 della legge delega per la riforma fiscale», però i provvedimenti avviati finora «non hanno affrontato le carenze inerenti l’equità orizzontale», visto che «permangono differenze considerevoli nell’ammontare delle imposte pagate, a parità di reddito prodotto, da lavoratori dipendenti e autonomi, a danno», è stato rimarcato, «di questi ultimi». Infine, nel testo predisposto in occasione dell’audizione di ieri la Rete delle professioni tecniche, organismo coordinato da Armando Zambrano, fra le proposte da inserire in Legge di Bilancio è stato posto l‘accento sulla necessità di applicare l’equo compenso (disciplinato dalla legge 49 del 2023) «a qualsiasi committente», giacché si tratta di «un principio costituzionale», nonché per «evitare effetti distorsivi della concorrenza», introducendo pure «un meccanismo di garanzia sui pagamenti», si legge.