La produzione industriale alza la testa, l’Ocse vede l’Italia in fase dinamica, i consumi si muovono: piccoli segnali di ripresa per l’economia, pur se ancora troppo fragili per incidere sul Pil e sull’occupazione o per convincere Standard& Poor’s della nostra capacità di ridurre il debito pubblico in tempi accettabili.
Produzione e consumi rialzano la testa E l’Ocse vede l’Italia in accelerazione
L’Istat rivela che dopo mesi di battute d’arresto la produzione industriale è risalita: ad aprile risulta in crescita dell’1,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2013 e del 0,7 rispetto allo scorso marzo. Un sussulto che non si vedeva dall’agosto del 2011 anche se, a detta del Centro studi Confindustria, a maggio il dato risulterà stabile: «Sono variazione minime e non si può parlare di vera ripartenza» ha commentato il leader degli industriali Giorgio Squinzi.
Qualcosa si muove anche sul fronte dei consumi, che nel primo trimestre di quest’anno, rispetto agli ultimi tre mesi del 2013, sono aumentati dello 0,1 per cento, segnando un ritorno al positivo delle spese delle famiglie.
Una ripresa flebile ancor più instabile se confrontata con i dati di un anno fa (dove risulta un calo dello 0,5 per cento), ma pur sempre il primo segnale di vitalità dagli ultimi mesi del 2010. Fra le buone notizie va segnalata anche quella proveniente dall’Ocse che misurando il Superindice segnala come l’Italia sia l’unico paese del G7 a registrare, sempre ad aprile, un’accelerazione della crescita: 101,6 punti contro i 101,4 del precedente marzo; ma su base annua l’incremento è del 2,4 per cento, più che doppio rispetto a quello della Germania (1,05).
La ripresa si affaccia, ma non convince Standard&Poor’s né lascia, al momento, tracce sul Pil: l’Istat conferma un prodotto interno lordo negativo nel primo trimestre dell’anno (meno 0,1 che diventa meno 0,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013).
Secondo l’agenzia di rating, invece, in Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Slovenia e Grecia il debito pubblico e privato si è gonfiato a tal punto che per ridurlo ci vorranno anni, con il rischio di mettere in difficoltà anche le possibilità di crescita. Nelle simulazioni dell’agenzia, il debito privato in Italia dovrebbe ridursi dal circa 130 per cento del Pil del 2013 al 109,1 del Pil nel 2020.