Task force per accelerare i pagamenti degli indennizzi per processi lumaca; funzionari statali come difensori nei giudizi sui risarcimenti per irragionevole durata dei giudizi; e strade sbarrate a chi propone l’azione di ottemperanza per ottenere il pagamento dell’indennizzo senza avere mandato al ministero competente la documentazione necessaria o senza aspettare il termine iniziale di sei mesi, previsto dalla legge. Sono queste le principali modifiche alla legge Pinto (legge 89/2001) contenute in un emendamento al decreto legge «semplificazioni» (n. 135/2018) sul quale c’è il via libera del governo. L’emendamento trae spunto dall’ingolfamento delle pratiche di pagamento degli indennizzi da processi troppo lenti. I numeri descritti nella relazione all’emendamento sono impressionanti: 17 mila pratiche pendenti, 2 mila nuove pratiche ogni anno, una stima di 80 mila ricorrenti, due anni di tempi per liquidare l’indennizzo. Altrettanto impressionanti e paradossali le ricadute sull’attività amministrativa e giudiziaria di un processo lumaca: pesanti pratiche burocratiche per il pagamento, pignoramenti e cause di ottemperanza presso i tribunali amministrativi, condanna al pagamento di ulteriori penali per il ritardo a carico dello stato, che non ha pagato in tempo gli indennizzi, avvocatura dello stato che non riesce a stare dietro a una mole travolgente di processi. Da qui una serie di interventi proposti nell’emendamento in esame. Primo quello relativo allo smaltimento delle pratiche: si prevede una task force di trenta funzionari, laureati in giurisprudenza, con il compito di smaltire l’arretrato e gestire in corrente le pratiche sopravvenienti. Il secondo intervento riguarda la previsione della difesa diretta in giudizio: nel processo ci fa il dirigente o un funzionario del ministero e non più l’avvocatura. Sempre collegato al processo è l’obbligo di notificare il ricorso per ottenere l’indennizzo anche all’amministrazione debitrice dei ricorsi. Il ministero interessato avrà, poi, per effetto di altra modifica proposta, 60 giorni (e non più 30) per fare opposizione al decreto che accoglie il ricorso. Viene, infine, aggiunta una causa di inammissibilità dei giudizi di ottemperanza: sono procedimenti speciali di competenza dei Tar, nei quali il cittadino chiede che l’amministrazione sia condannata a eseguire (ottemperanza) una decisione che la condanna a pagare somme. L’emendamento in discussione prevede che il giudice amministrativo debba dichiarare il ricorso inammissibile qualora il ricorrente non abbia fornito prova dell’avvenuta consegna all’amministrazione della documentazione propedeutica al pagamento dell’indennizzo: si tratta di una dichiarazione sostitutiva riportante i dati del credito. Se ricorre questa inammissibilità, l’interessato dovrà essere condannato al pagamento in favore di una somma tra i mille e i 10 mila euro. Si scoraggia così chi vuole speculare sulla lentezza dello stato a pagare gli indennizzi dovuti per la lentezza nei processi.
Antonio Ciccia Messina