A fronte di questa situazione, la Procura guidata da Giuseppe Pignatone ha deciso di adeguarsi, per impedire che tra i 6.000-8.000 procedimenti destinati ogni anno al «limbo giudiziario» (che rischiano di aumentare fino a 10.000-15.000 con la quota dei fascicoli in arrivo dall’Inps e destinati a questa categoria) ce ne siano di rilevanti. Di qui la scelta di inoltrare al giudice non più di 12.000 richieste di fissazione delle udienze, secondo le indicazioni di una circolare firmata dal procuratore che indica i «criteri di priorità» per la loro selezione. Il resto verrà accantonato presso un apposito ufficio chiamato Sdas, Sezione definizione affari seriali, senza procedere alla scansione degli atti a conclusione delle indagini, né alle notifiche degli avvisi alle parti; in attesa che dal tribunale giungano notizie su quando sarà possibile fissare la data dell’udienza. Nel frattempo si cercherà di incrementare il ricorso ai decreti penali (di fatto una multa irrogata dal magistrato, che se accettata dall’imputato chiude il procedimento) con i quali si potrebbe smaltire almeno la metà dei processi lasciati in sospeso e, conseguentemente, a forte rischio prescrizione.
Stiamo parlando di reati «a bassa offensività concreta», come le resistenze e gli oltraggi a pubblici ufficiali, guida senza patente o in stato di ebbrezza, i mancati adempimenti degli obblighi derivanti da misure di prevenzione, fino ai furti sul banco del supermercato o la contraffazione di prodotti venduti al dettaglio. Trasgressioni «minori» che si tramutano in fascicoli che per la statistica equivalgono a procedimenti per rapine o omicidi, ma che nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno bisogno di indagini per essere definiti. Il fatto di bloccarli alla Sdas eviterà che vadano ad ingombrare i tavoli dei pubblici ministeri e dei loro ausiliari, garantendo loro più tempo per la trattazione degli affari di maggior peso ed importanza. La selezione allo Sdas per bloccarli anziché mandarli al giudice intasando i calendari delle udienze fino alla saturazione, dovrebbe inoltre impedire che il destino dei fascicoli sia casuale: per esempio che si fissi l’udienza per una banale contravvenzione lasciando fuori un omicidio colposo, una truffa grave o qualche reato ambientale.
La carenza di mezzi determina oggi «l’assoluta casualità nei tempi di concreto esercizio dell’azione penale», spiega il procuratore Pignatone, che s’è richiamato a un provvedimento adottato a Torino nel 2007 ispirato a un «oculato, efficace e realistico esercizio dell’azione penale», avallato dal Csm. Per il capo dei pm romani «l’assenza di un meccanismo regolatore che prenda in considerazione l’effettivo grado di disvalore sociale dei fatti oggetto di procedimento produce effetti non voluti e inaccettabili». Dunque l’introduzione del numero chiuso — fermo restando che le indagini vengono completate in tutti i casi, «anche per valutare eventuali ragioni di urgenza al di là del titolo di reato» — non è una rinuncia ai compiti istituzionali della sua Procura, bensì« un tentativo di mitigare gli effetti patologici provocati dalle condizioni di lavoro, in modo da governare razionalmente la massa enorme degli affari che dobbiamo trattare con le scarse risorse disponibili. Tenendo fermo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale cerchiamo di razionalizzarne i tempi di esercizio, attraverso scelte chiare e rispondenti ai limiti oggettivi fissati dal tribunale».