Sentenza quasi all’italiana del Presserat, il consiglio della stampa. Tutelare e come la privacy di chi commette un delitto? L’articolo 12 del codice che si sono dati i giornalisti riguarda il «Diskriminierungsschutz», cioè dovrebbe evitare la discriminazione rivelando la nazionalità dei colpevoli, o presunti tali.
L’origine non conta, e se viene sottolineata, o semplicemente resa nota, si cade nel razzismo. Lo «Schutz», la tutela, vale anche per la religione.
Quando arrivai a Torino per cominciare a lavorare come cronista, negli annunci per gli alloggi si leggeva ancora «si affitta solo a piemontesi». I meridionali non erano graditi. Poi fu vietato. Naturalmente, i padroni di casa continuarono a scegliere gli inquilini in base all’accento. Ma in cronaca si continuava a leggere: rapinatore siciliano o calabrese, oppure «napoletano massacra la moglie per gelosia». Se l’origine non veniva rivelata, si era sicuri che il colpevole fosse un piemontese.
In Germania, la privacy è rispettata: non si scrive l’origine del protagonista di un fatto di cronaca, non si rivela neanche il nome, limitandosi alle iniziali, e all’età. A meno che non sia un personaggio noto, dello spettacolo o della politica.
Negli ultimi tempi, tuttavia, molti giornali hanno volutamente violato la regola: la nazionalità di chi commette un reato o un delitto è spesso la parte centrale della notizia, «è la notizia». Se un omicidio o un attentato è compiuto da un immigrato islamico come si fa a non scriverlo? In base all’articolo 12, non si sarebbe dovuto rivelare che l’autore della strage al mercatino di Natale a Berlino era un profugo giunto dalla Tunisia.
Il Presserat ha ammonito diversi quotidiani, come la Sächsische Zeitung che esce a Dresda, uno dei centri dei movimenti xenofobi, ma è stata costretto a prendere in esame le proteste dei direttori responsabili. «I lettori possono giudicare con la loro testa», dichiara Frau Tanit Koch, direttrice della popolare Bild Zeitung. Il rispetto della norma equivale a una censura.
Nella sua ultima riunione non ha avuto il coraggio di abolire l’articolo 12, o di cambiarlo radicalmente, come veniva richiesto, ed è giunto a un compromesso: viene ribadita la responsabilità delle redazioni, e tocca a loro di volta in volta decidere se rivelare la nazionalità sia giustificato dall’interesse dell’opinione pubblica, o se si tratta di semplice curiosità non giustificabile. Una vittoria dei giornali ribelli? In parte, ma si conclude che si deve evitare rivelando l’origine dei colpevoli di aumentare i pregiudizi contro minoranze etniche. «Non bisogna esagerare», consiglia in estrema sintesi, Lutz Tillmann, presidente del Presserat.
Una conclusione ipocrita. I giornali, dopo le violenze di San Silvestro del 2015 a Colonia, quando un migliaio di giovani profughi arabi aggredì centinaia di donne, tacquero per cinque giorni, per non favorire i populisti dell’AfD, e persero di credibilità. Ma è inevitabile, anche se sbagliato, che oggi molti tedeschi considerino i giovani islamici che incontrano per strada come un potenziale pericolo.
Roberto Giardina