31.03.2017

Presi 9 miliardi dai conti “Fuga dalla Zonin Bank”

  • La Repubblica

Nadia avanza fra le bancarelle stringendo la borsa al petto, caso mai qualcuno volesse rubargliela. Quando le si chiede dove sia la più vicina filiale della Popolare di Vicenza, sghignazza: «Ascolti me, vada in un’altra banca. Alla Popolare è già tanto se il Bancomat le restituisce la tessera ». Come Nadia, che compra sedani e carote al mercato in Contrà Garibaldi, a Vicenza la pensano in molti. La signora comincia a parlare di Gianni Zonin, si accalora, toglie il foulard, alza la voce. Intorno si crea il capannello. «Dalla Zonin Bank ho tolto tuti i schei l’anno scorso», interviene un uomo, ottant’anni almeno, di fronte alla bancarella dei fiori. «Ora bisogna vedere quando mi chiudono il conto. Non c’è più un euro, ma non si decidono, forse sperano che io torni. Si sbagliano».
La Popolare di Vicenza mercoledì ha comunicato che la raccolta è scesa a 18,8 miliardi, con una perdita di 8,7 miliardi (-14,2%). Quello che i numeri rappresentano in sintesi, l’edicolante Laura Sossai lo dice puntando il dito, come se i responsabili del disastro fossero lì davanti. «Dalla mia edicola passano tutti, e raccontano la stessa storia. Portano i conti in altre banche perché si sentono feriti. A Vicenza, da piccolo, la nonna ti diceva che i soldi stanno al sicuro solo alla Popolare. Chi ha affossato la banca non ha tradito solo i vicentini, ma anche le famiglie, le generazioni».
A due passi dal mercato, in Contrà Porti, c’è Palazzo Thiene, sede di rappresentanza di Bpvi. È lì che Gianni Zonin – presidente per 19 anni fino al 2015, ora indagato per il crac dell’istituto – aveva i conti correnti. Dallo scalone in pietra scende Marc Gianola, svizzero di Losanna, titolare della ditta di gioielli Alessandra Donà Srl. «Avevamo i soldi qui, li portiamo in Intesa», dice, con accento francese. «Temiamo che con il bail in ci chiedano di pagare i debiti». Girato l’angolo, in corso Palladio, ci sono le filiali Bnl e Credem, una di fronte all’altra. «In questo periodo, per noi concorrenti, portare via clienti alla Vicenza è facile come vendere gelati di fronte alle scuole elementari », dice un giovane private banker in camicia. «Sappiamo che non durerà, quindi ci diamo dentro». Molti dei grandi clienti di Bpvi degli anni belli, dopo il crollo, hanno seguito i loro vecchi gestori, che dalla Popolare si sono trasferiti in altri istituti.
Chi ha deciso di restare in Bpvi – nonostante tutto, la grande maggioranza dei correntisti – nel surriscaldato clima vicentino deve quasi giustificarsi. «Sono in pensione dal 2013, in Popolare ho lavorato una vita», dice Roberto Menin, berretto da baseball sui capelli grigi. «Ho tre figli, abbiamo i conti lì. Pensare che altrove sia meglio significa illudersi». Fra quelli che l’ex bancario considera illusi c’è Angelo Sbalchiero, 40 anni, magazziniere a Montecchio. «Me ne andrei domani, ma in Popolare – dice – ho il mutuo. Non è facile lasciare BpVi. Per chiudere il conto di mio nonno, che non c’è più, ci hanno messo tre anni. C’erano 60mila euro. In filiale sono persone squisite, e il direttore con il crollo delle azioni ha perso più di noi. Ma non ci si può più fidare».
Confindustria vicentina ha diffuso dati sulla fiducia degli imprenditori nelle banche. Quanto alla richiesta di credito, Bpvi ha perso il 3,7 per cento nel 2016 rispetto al 2015. Una tendenza che sembra confermata anche in distretti lontani, dove negli anni la Popolare ha acquisito istituti decotti, rilevandone gli sportelli. Prato, Palermo, Trapani, Belluno, Udine, Trieste, Castelfranco. Gianni Toffali, 69 anni, imprenditore a Verona, taglia corto: «Ho acquistato 28mila euro in azioni Bpvi e li ho persi. I soldi che avevo sul conto li ho portati in Allianz. Semplice. Perché non è solo a Vicenza che la gente ha perso tutto». Vero. Ma è vero anche che il vicentino resta l’epicentro del malcontento. È a Vicenza che i discorsi sulla Popolare riempiono i bar e le case, i tempi morti in ufficio e le pagine web dei blog locali. Se possibile, in provincia ancor più che in città.
Silvia Segalla, geometra, è nata e vive a Schio. Lì sua madre era operaia tessile. Il crac di Bpvi ha tritato le sue 972 azioni, “titoli sicuri” in cui l’anziana aveva investito i risparmi. «Le azioni a mia mamma le ha vendute in filiale una mia coetanea, che conosco, figlia di un coetaneo di mamma, di cui lei era amica», racconta Silvia. «Nel 2014 abbiamo chiesto indietro i nostri soldi, non ce li hanno dati. Abbiamo perso tutto. Forse ora la Popolare sarà gestita bene, ma non ci voglio mettere più piede. Ho portato i conti in Credit Agricole, banca francese, che con Vicenza non c’entra nulla. Mi fido di più. Vediamo cosa succede».

Franco Vanni