di Guido Plutino
Facile dimenticarsene, con quello che succede ogni giorno nei mercati. Eppure, dietro il clamore quotidiano, ci sono trend globali di lungo corso, che tendono a non venire modificati dagli eventi quotidiani e nemmeno dai vertici internazionali più importanti come quello di ieri.
I principali megatrend, definiti anche "tendenze secolari", sono noti: innovazione tecnologica, demografia, multipolarità, sostenibilità. Così come i loro subtrend, in grado di modificare stili di vita e creare opportunità di investimento: invecchiamento dell'Occidente, diminuzione della fertilità, crescita della popolazione planetaria, aumento della produzione agricola, incremento della domanda di acqua, riconfigurazione degli equilibri politici ed economici con emersione di nuovi soggetti e spostamento del baricentro. In realtà, qualche discussione tra gli esperti c'è e riguarda il numero delle grandi tendenze: secondo alcuni sono tre o quattro, secondo altri sono più numerose.
In ogni caso, le vere difficoltà riguardano le previsioni sul loro impatto e sulle loro conseguenze. «Queste dinamiche – spiega infatti un documento di Ambrosetti Club, che sta realizzando una ricerca sul tema – possono evolvere in un orizzonte temporale anche lungo ma, quando si manifestano, hanno impatti immediati, concreti e significativi. Il carattere globale e di medio-lungo periodo dei megatrend può rendere difficile la percezione della loro rilevanza a livello locale e dell'urgenza di un adeguato processo di analisi e pianificazione. Tuttavia, ritenere che queste tendenze siano "distanti" nello spazio e nel tempo rappresenta un potenziale errore strategico».
Viene però da chiedersi se, con la sua straordinaria gravità, la crisi abbia cambiato le regole del gioco. «La crisi di Eurolandia e la notevole minaccia che questa lancia all'economia globale – rispondono Markus Stierli e Michael O'Sullivan nell'ultimo Reasearch Monthly del Credit Suisse – hanno temporaneamente rallentato il percorso di crescita, ma sembra improbabile che mettano un freno al trend legato al consumismo sui mercati emergenti, all'impulso dei dati demografici e all'importanza della sicurezza alimentare. Nell'ultimo quinquennio i megatrend in media hanno sovraperformato i mercati azionari, ma hanno anche mostrato una considerevole ciclicità».
«Negli ultimi anni – conferma Gianluca La Calce, vicedirettore generale di Fideuram Investimenti – abbiamo assistito a una maggiore instabilità del ciclo economico e a un incremento della violenza con cui i mercati tendono a reagire ai diversi stimoli che subiscono. Questo spinge molti ad affermare che i megatrend non esistono più. In realtà, l'attuale congiuntura già vede l'interazione tra il ciclo economico e un megaciclo, che alcuni definiscono debt supercycle, legato alla gestione dell'enorme mole di debito che si è creato nei Paesi sviluppati».
Ma i megatrend sembrano uno di quei temi creati apposta per far discutere. «Rappresentano sì un elemento dello scenario – osserva Livio Dalle, head of advisory di Vontobel Italia – e perciò vanno considerati. Attenzione però: i megatrend non sono un dogma. La loro efficienza varia a seconda delle situazioni e sarei cauto a sostenere che sono anticiclici. Bisogna tenere conto di molti fattori, evitando un approccio libresco che può aumentare il livello di rischio».
Come e quando scommettere dunque sui megatrend? «Le caratteristiche dell'investitore sono fondamentali per rispondere a questa domanda – risponde La Calce -. Se chi investe non ha un orizzonte temporale e una capacità di sopportazione del rischio adeguati, il megatrend è un'opportunità difficilmente sfruttabile, perché i cicli di breve possono temporaneamente portare i valori di mercato molto lontani dal loro valore intrinseco». «I megatrend – conclude Dalle – non vanno interpretati rigidamente. Bisogna seguire l'evoluzione dello scenario e prendere decisioni di investimento con un approccio tattico».