MILANO
Passo avanti della Banca Popolare di Vicenza, che ieri ha iniziato a percorrere l’ultimo miglio che la separa dalla quotazione, prevista il 3 maggio. Il progetto prevede, in un’operazione da 1,5 miliardi, un’offerta riservata per il 75% agli investitori istituzionali e per il 25% al retail e agli attuali soci. La strada per Piazza Affari si annuncia però ancora accidentata e leggendo le quasi mille pagine del prospetto informativo si comprende come mai la Consob abbia spinto più volte sul freno.
L’Autorità che fa capo a Giuseppe Vegas ha infatti avviato sei procedimenti sanzionatori nei confronti di componenti ed ex componenti degli organi sociali e di esponenti, ex esponenti, dipendenti ed ex dipendenti della banca. Inoltre, otto dei 18 membri del cda «fanno parte del suddetto organo sociale da data anteriore al 2014 e metà dei consiglieri di amministrazione in carica alla data del prospetto sono tra i destinatari dei rilievi formulati dalle Autorità ».
Poi, ci sono le richieste giudiziali che ammontano a circa 650 milioni di euro. I reclami dalla clientela sono «4.572, per un petitum complessivo di circa 1.004,56 milioni», a cui si aggiungono reclami del Fisco e dell’Antitrust.
Una situazione pesante, con il 15% di Cattolica assicurazioni in pegno, cui si affiancano i riscontri del mercato: nei primi mesi dell’anno i risultati sono al di sotto degli obiettivi. Il collocamento dei titoli della ex popolare è così diventato un’operazione di salvataggio sistemico. È il fondo Atlante — che ha chiesto l’esenzione dall’obbligo di Opa —il garante di ultima istanza, dopo che Unicredit si è sfilato dagli impegni di ottobre, rimanendo coordinatore dell’offerta globale e joint bookrunner istituzionale con Bnp Paribas, Deutsche Bank Ag, Jp Morgan e Mediobanca. Finiranno sul mercato 15 miliardi di azioni da 10 centesimi, che annacqueranno la struttura proprietaria. Un’azione necessaria per marcare una discontinuità con la gestione Zonin-Sorato, che il board guidato da Stefano Dolcetta non è a evidenziare.
L’amministratore delegato Francesco Iorio si trova così ad arginare una situazione delicata, ed è costretto ad ammettere, come risulta dal prospetto, che non vi sono certezze circa la realizzabilità del piano industriale 2015-2020.
Stefano Righi