Un anno in più per le attuali regole del Fondo di garanzia per le Pmi. La proroga della riforma è un’ipotesi molto concreta su cui sta avanzando il confronto tra il ministero delle Imprese e del made in Italy e il ministero dell’Economia in vista della legge di bilancio, un intervento che secondo le ultime valutazioni tecniche potrebbe andare in porto con una copertura finanziaria limitata a circa 200 milioni di euro.
Il riassetto del Fondo, con percentuali di garanzia meno generose rispetto al regime straordinario consentito dal Temporary framework europeo sugli aiuti di Stato, è scattato il 1° gennaio 2024 in via transitoria per un anno. Del suo prolungamento hanno parlato il sottosegretario al ministero delle Imprese Massimo Bitonci e il ministro Adolfo Urso, il quale nel corso di un question time alla Camera ha confermato che il ministero «sta ora lavorando a una proposta normativa volta alla proroga della predetta disciplina anche per il 2025». L’intervento potrebbe maturare inserendo in manovra una dote contenuta, nell’ordine dei 200 milioni – o anche meno in caso di ritocchi alla griglia delle garanzie – grazie al fatto che la quasi totalità dell’effettivo fabbisogno (in tutto si tratterebbe di quasi 2,6 miliardi) è di fatto già coperta, in gran parte dal residuo di accantonamenti deliberati negli anni scorsi e in misura minore dal possibile ricorso a fondi europei.
In particolare le coperture per le garanzie sui prestiti rilasciate durante la pandemia nel tempo si sono rivelate ridondanti rispetto ai rischi effettivamente assunti. Tra la primavera del 2020 e giugno 2022 sono state fornite coperture pubbliche su finanziamenti destinati a fornire liquidità alle imprese, con percentuali elevate, dall’80 fino al 100 per cento, nel caso di prestiti entro i 30 mila euro.
In quel periodo il fondo ha rilasciato garanzie per 200 miliardi su finanziamenti complessivi per 253 miliardi, quindi con un percentuale media garantita dell’80 per cento. La possibilità di rilanciare risorse si è manifestata quest’anno a fronte dei risultati sul tasso di rimborso di quei prestiti. Nel mese di maggio 2024 l’ammontare delle garanzie Covid ancora in essere era pari a 91 miliardi, a fronte di 107 miliardi di finanziamenti. Più della metà dei prestiti, dunque, è stata restituita; le escussioni di garanzie (dunque la richiesta di pagamento da parte dello Stato), perché i debitori sono stati inadempienti, è pari a circa 3,3 miliardi.
Un’incidenza molto bassa rispetto all’entità garantita. Anche i prestiti coperti al 100% sono stati in buona parte restituiti. Questa tipologia di finanziamenti aveva raggiunto l’importo di 23 miliardi nell’estate 2022; nel maggio di quest’anno si erano ridotti a a 14 miliardi, a fronte di escussioni per 600 milioni.
Proprio questa categoria di finanziamenti era quella ritenuta più a rischio di non essere restituita e per questo motivo il management del fondo per le Pmi aveva fatto accantonamenti particolarmente prudenti. I quali oggi, a fronte invece di elevati livelli di rimborsi, si sono rivelati ridondanti. Per questo motivo il fondo, in accordo con i ministeri competenti, ha cominciato a ragionare sulla possibilità di ridurre i livelli di accantonamento, liberando risorse che possono consentire di finanziare la proroga delle garanzie del fondo per il 2025.
E poiché oggi le percentuali garantite sono più basse che in passato, è possibile assicurare un’entità sostenuta di coperture a fronte di un impiego meno intenso di risorse pubbliche. Rispetto ai numeri resi noti dal Fondo nel maggio scorso sul tasso di restituzione dei finanziamenti Covid, d’altro canto, oggi sono stati fatti passi avanti, altre rate sono state rimborsate, e quindi si è ridotto il montante delle garanzie più elevate per supportare la liquidità delle imprese. I nuovi flussi anni di coperture sui prestiti sono più contenuti rispetto alla fase della pandemia, ma non sono tornati ai livelli pre Covid. Allora il fondo processava 500 pratiche al giorno. Oggi sono circa 38 mila, con un totale in essere di oltre 2 milioni. Dunque, uno strumento che si è rivelato utile nella fase di emergenza continua ad essere utilizzato dalle imprese anche per l’attività ordinaria o per sostenere la transizione energetica.
Tornando alla riforma introdotta a gennaio e in scadenza a fine anno, riassumendo si può dire che abbia rappresentato una forma di atterraggio morbido rispetto alle super-garanzie dell’era Covid. Sono state escluse dall’accesso al Fondo le imprese nella fascia cinque del merito di credito, cioè quelle più rischiose, mentre per le imprese in fascia uno e due (le meno rischiose) la garanzia è scesa dal 60 al 55% e per quelle in fascia tre e quattro dall’80 al 60%. Per tutte le operazioni finalizzate a investimenti, e per le startup, la riforma ha invece fissato l’80% di copertura.
Contemporaneamente è stato fissato a 5 milioni l’importo massimo garantito per singolo soggetto beneficiario, è stato esteso il regime di garanzia anche alle imprese cosiddette small e mid cap e agli enti del Terzo settore ed è stata introdotta la gratuità dell’intervento in favore delle micro -imprese.
Il bilancio parziale del Fondo di garanzia – aggiornato al 30 giugno 2024 – riflette il ridimensionamento delle percentuali. I finanziamenti accolti, pari a 20,7 miliardi, sono diminuiti del 6,9% rispetto allo stesso periodo del 2023. L’importo garantito, pari a 14,3 miliardi, è calato del 14,8%, in linea – si legge nel report periodico del Fondo – «con la normativa di riferimento che da gennaio 2024 ha rimodulato in riduzione le percentuali medie di copertura».