L’idea di Vegas parte da un dato di fatto: le banche , anche per motivi regolamentari, non saranno più in grado di finanziare le imprese come facevano una volta. Il credit crunch, di fatto, è diventato strutturale. Le imprese hanno dunque la necessità di reperire finanziamenti (e capitali) attraverso canali alternativi a quello bancario: cioè sul mercato. Il punto, che Vegas sottolinea senza troppi giri di parole, è che il passaggio da un sistema bancocentrico a uno più centrato sul mercato non deve avvenire in maniera disordinata: se le banche ormai tendono a finanziare solo le imprese più solide, c’è infatti il rischio che sul mercato vadano in questa fase solo le imprese meno affidabili.
«Si potrebbe creare – osserva Vegas – un meccanismo di selezione avversa, che porta verso il mercato le imprese meno solvibili con il rischio di causare una fuga degli investitori verso altri sistemi finanziari». Insomma: se non si punta sulla trasparenza, sull’efficienza, su regole chiare e sulla creazione di un sistema finanziario veramente unificato in Europa, il rischio è che il mercato diventi il refugium peccatorum (parole non di Vegas) per imprese che non hanno più accesso al credito bancario. L’obiettivo è invece quello di creare un canale alternativo di finanziamento per chi ha le carte in regola. Un mercato sano, che rappresenti un’alternativa. Non una scappatoia.
Le riforme necessarie
Per farlo, bisogna creare i presupposti affinché si sviluppi in Europa (e in Italia) un mercato finanziario più avanzato. Perché in Italia i capitali da far arrivare alle imprese ci sarebbero: le famiglie – ricorda Vegas – hanno una ricchezza finanziaria (al netto degli immobili) pari a 2 volte il Pil. «Ci sarebbe quindi lo spazio per favorire lo sviluppo del mercato dei capitali nel nostro Paese», osserva Vegas. Bisogna però rimuovere gli ostacoli che, fino ad oggi, ne hanno impedito lo sviluppo. E bisogna favorire l’arrivo di investitori internazionali.
Un mercato finanziario efficiente deve innanzitutto avere liquidità. Insomma: devono girare i soldi, devono operare tanti investitori. Serve – per usare le parole di Vegas – «liquidità in grado di garantire la stabilità delle quotazioni e una loro maggiore coerenza con i valori fondamentali dell’impresa». Per raggiungere questo obiettivo, Vegas suggerisce di creare «un sistema di fondi, che faccia perno su un “fondo di fondi”, in grado di raccogliere presso primari investitori istituzionali risorse da convogliare in strumenti d’investimento dedicati alle Pmi quotate, in modo da garantire un adeguato volume di scambi». Qualcosa del genere è già nato sul mercato dei minibond. Questo «fondo di fondi», secondo Vegas, dovrebbe attirare il contributo dei fondi pensione, che oggi investono pochissimo sulla Borsa di Milano (meno dell’1% del loro patrimonio).
Un mercato finanziario efficiente ha bisogno poi di incentivi alla quotazione delle imprese. Anche su questo (si veda articolo a pagina 3) Vegas ha speso molte parole. C’è poi bisogno di regole europee comuni (l’Europa sta già lavorando sulla Capital Market Union, cioè un mercato unico dei capitali). Ma, soprattutto, un mercato finanziario efficiente necessita di trasparenza. E oggi, dato che le Pmi sono piccole e non sono tenute a far certificare il proprio bilancio, questa condizione non è soddisfatta. Insomma: se gli investitori italiani ed esteri non puntano su azioni o obbligazioni di piccole e medie imprese, è anche perché queste non sono trasparenti. Da qui nasce l’idea di creare un agenzia europea delle Pmi: un soggetto «che assicurerebbe la raccolta e la diffusione delle informazioni economiche e finanziarie sulle Pmi europee attraverso un unico sistema informativo pubblico». Qualcosa del genere è già nato per le cartolarizzazioni (la European Data Warehouse), ma l’idea è di farlo per le Pmi. E di usare il sito di Expo per questo. Il percorso è segnato: il mondo bancocentrico, oltre ad essere rischioso, appartiene ormai al passato.