01.09.2014

Più concorrenza tra i legali

  • Italia Oggi

Più concorrenza nel settore legale. Necessario rimuovere alcune limitazioni introdotte dalla legge professionale forense (legge 247/2012) ed eliminare ingiustificate disparità di trattamento rispetto alla disciplina generale delle professioni ordinistiche di cui al dpr 137/2012, segnatamente in materia di compensi e pubblicità.

Con la segnalazione per la predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, resa nelle scorse settimane, l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato, soffermandosi sui Servizi Professionali, sottolinea che «la piena efficacia delle norme che hanno recentemente liberalizzato il settore delle libere professioni risulta ancora ostacolata dalla permanenza di riferimenti normativi che, prestandosi a strumentali interpretazioni restrittive da parte dei singoli professionisti e/o degli Ordini professionali, possono vanificare, di fatto, la portata liberalizzatrice di tali interventi». Ecco tutti i nodi della legge 247/2012 posti in evidenza dall’Antitrust.

SPECIALITÀ

La disciplina speciale per l’attività forense diversa da quella vigente per le altre professionisti «costituisce una significativa inversione di tendenza rispetto al processo di liberalizzazione delle professioni, intrapreso la legge Bersani (2006) e proseguito con successivi numerosi interventi normativi (cfr. legge n. 148/2011 e n. 27/2012 e dpr n. 137/2012)».

RISERVE (art. 2)

Stabilendo che consulenza ed assistenza legale stragiudiziale ove connesse all’attività giurisdizionale siano di competenza degli avvocati, si reintroduce «in modo surrettizio la definizione di un ambito di attività di competenza esclusiva degli avvocati, per attività che possono essere efficacemente svolte anche da altri professionisti_ in grado di fornire i diversi servizi richiesti secondo standard che il mercato stesso valuta, allo stato, come accettabili. L’estensione degli ambiti di riserva in questione non sembra poter trovare la propria giustificazione nell’esigenza di soddisfare l’interesse generale ad un’adeguata tutela agli assistiti».

FORME E FORMULA SOCIETARIA (artt. 4 e 5)

L’obbligo, per l’avvocato associato, del domicilio professionale presso la sede dell’associazione «limita lo sviluppo delle associazioni multidisciplinari tra professionisti che esercitano la propria attività in ambiti territoriali diversi». II) Il divieto di partecipazione a più di un’associazione costituisce restrizione ingiustificata della libertà di iniziativa economica.

Le previsioni sull’esercizio in forma societaria, nonostante il mancato esercizio della delega del Governo, rimangono «in evidente contrasto con la disciplina generale in materia di società fra professionisti, di cui legge n. 183/2011, che invece consente la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali, anche multidisciplinari, con la presenza di soci di capitale non professionisti, nella misura massima di un terzo dei conferimenti».

PUBBLICITÀ (art. 10)

La disciplina speciale contrasta con quella prevista dall’art. 4 del dpr n.137/2012 (i.e. i) il divieto di pubblicità «comparativa» e «suggestiva» «non appare sorretto da alcun motivo di interesse generale o giustificato da specificità proprie dell’attività forense rispetto a quelle delle altre professioni intellettuali»; II) la non espressa menzione dei compensi come possibile oggetto di pubblicità dell’ avvocato «potrebbe essere interpretato strumentalmente dagli Ordini circondariali con l’obiettivo di precludere al professionista di pubblicizzare la componente economica della propria prestazione».

COMPENSO (art. 13)

La rimozione dell’obbligo di fornire il preventivo contrasta con l’art. 9, comma 4, dl n. 1/2012, mod. dalla legge conv. n. 27/2012. I) Il reintrodotto divieto di patto di quota lite, già peraltro abrogato dalla riforma Bersani, contrasta con il consolidato principio concorrenziale di libera pattuizione del compenso e con l’art. 13 comma 3, legge n. 247/2012. II) È opportuno evitare qualsiasi coinvolgimento degli Ordini nella determinazione del compenso richiesto dal professionista, lasciando all’A.G. il compito di verifica, in caso di contenzioso.

Per tutte le professioni, i parametri introdotti dal dl n. 1/12 si applicano solo per la liquidazione giudiziale del compenso e vengono stabiliti con dm. La legge forense invece prevede nuovamente il ruolo del Cnf nella loro determinazione, e l’applicazione degli stessi anche fuori dai casi di liquidazione giudiziale; sì che di fatto i parametri forensi sono valori di riferimento per i professionisti analoghi alle «tariffe», già abrogate dalle misure di liberalizzazione, per l’insieme delle professioni regolamentate.

INCOMPATIBILITÀ E DIVIETI (art. 18)

Costituiscono limitazioni sproporzionate le previsioni sull’ incompatibilità con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o dipendente part-time /con l’assunzione di cariche sociali, sul limite di iscrizione per gli avvocati in albi professionali diversi.