Dopo l’entrata in vigore del Jobs act , a marzo c’è un saldo attivo tra nuovi contratti e cessazioni dal lavoro di oltre 92 mila, con un netto aumento dei contratti a tempo indeterminato: 54 mila in più rispetto a quelli avviati nel marzo 2014. È in sintesi il bilancio del Sistema informativo del ministero del Lavoro relativo ai nuovi accordi (641.572) e a quelli cessati (549.273). I dati, che non tengono conto del lavoro domestico e della Pubblica amministrazione, sono definiti «confortanti» dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Naturalmente sono ancora iniziali. Bisogna prenderli con cautela, però incoraggiano la fiducia». Se dalla maggioranza c’è ottimismo, critiche arrivano da opposizione e sindacati.
Analizzando nel dettaglio i dati, a marzo scorso le assunzioni a tempo indeterminato sono state 162.498 con un aumento del 49,5% rispetto alle 108.647 di marzo 2014. Grazie alla decontribuzione (ma nel mese sono anche entrate in vigore le regole sul contratto a tutele crescenti) le assunzioni fisse sono state il 25,3% del totale delle attivazioni a fronte del 17,5% di un anno prima. Scendono, invece, le forme di lavoro precario: in particolare le attivazioni a tempo determinato (381.234) a marzo sono diminuite rispetto alle 395.000 dello stesso mese del 2014, ma comunque sono state superiori alle 310.566 cessazioni del mese generando quindi un attivo di oltre 70.000 contratti. Intanto dall’Istat fanno sapere che a fine marzo i contratti di lavoro in attesa di rinnovo (40, di cui 15 appartenenti alla pubblica amministrazione) interessano circa 7,3 milioni di dipendenti, di cui 2,9 milioni nel pubblico.
Commentando la situazione, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, con cautela sottolinea «l’aumento dei contratti a tempo indeterminato» e giudica «ottima la riduzione delle ore di cassa integrazione autorizzate a marzo», come era accaduto «anche a gennaio e febbraio». Ma Carlo Dell’Aringa (Pd) avverte: «Non bisogna lasciarsi andare a un eccessivo ottimismo» perché «si riduce la precarietà, ma non si risolve il problema dell’occupazione».
Opinione opposta da Renato Brunetta (Fi) che su Twitter dice: «Ogni mese ha il suo Poletti. Dà i numeri dei nuovi contratti di lavoro senza specificare la metodologia di calcolo e salvo smentire il trionfalismo poco dopo». Mentre Maurizio Sacconi (Area popolare) evidenzia «i limiti della fonte amministrativa (i dati del ministero ndr ) rispetto a quella statistica (l’Istat)» e invita a preferire la seconda che «fornisce un quadro esauriente», Giorgio Ariaudo (Sel) parla di «dati usati come spot di distrazione di massa». Toni polemici dalla leader della Cgil, Susanna Camusso: «Di quali dati stiamo parlando? Di quelli dell’ufficio stampa propaganda? E comunque i dati di marzo non sono diversi da quelli di febbraio».