Non va pignorata la casa del soggetto sovraindebitato. Lo ha stabilito il tribunale di Lodi con l’ordinanza del 3 marzo 2017. Nel 2007 un imprenditore è stato costretto a chiudere la propria azienda, operante nel settore edile, a causa degli alti interessi bancari e una serie di mancati versamenti per le prestazioni compiute. Trovatasi con un accumulo di debiti dal valore superiore rispetto ai beni detenuti, era ricorso alla procedura di sovraindebitamento chiedendo l’interruzione e la sospensione di tutte le procedure esecutive e cautelari in atto nei suoi confronti, come consente la disciplina della legge n. 3 del 27 gennaio 2012, recante «Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento».
«Valutata l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte, non possono, sotto pena di nullità , essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore», ha affermato il giudice adito nell’ordinanza, dopo aver verificato la validità e la realizzabilità del piano di liquidazione, già validato dall’organismo di composizione della crisi.