In questo scenario favorevole per l’investimento azionario, il listino italiano è entrato nel pieno della stagione dei dividendi. Le società quotate alla Borsa di Milano si apprestano infatti a distribuire agli azionisti un monte di profitti pari a 14,7 miliardi di euro, che corrispondono a un rendimento aggregato (dividend yield di mercato) del 3,15% ( vedi articolo pagina a fianco ). E proprio i dividendi, secondo i fund manager, rappresentano un ulteriore motivo per gli investitori per far rotta sui titoli quotati in Piazza Affari. Perché nonostante il rialzo dei rendimenti del Btp decennale, passato in poche settimane da una cedola dell’1,2%, all’1,70% di venerdì scorso (dopo aver sfiorato il 2%), il dividend yield di società come UnipolSai (7,4%), Eni (6,6%), Snam (5,5%), Terna (4,9%), STM (4,8%) è tuttora triplo (o quadruplo) rispetto al rendimento del Btp a dieci anni, e di alcuni punti superiore alla cedola del trentennale, oggi al 3%.
Fiducia
«Uno dei motivi per cui il recente storno delle quotazioni non rappresenta un’inversione di tendenza è dato dal fatto che molti investitori non attendevano altro che un arretramento temporaneo delle quotazioni per entrare sull’azionario», commenta Daniele Guidi, responsabile investimenti di Bnp Paribas Ip. In pratica, secondo il gestore, dopo molti mesi consecutivi di rialzi, alcuni operatori contavano proprio che si presentasse l’occasione di poter entrare in Piazza Affari a prezzi «scontati».
Anche per questo motivo l’effetto tecnico di calo delle quotazioni successivo allo stacco dei dividendi, secondo il gestore, costituisce un rischio secondario. «I segnali di rilancio che provengono dall’economia italiana sono incoraggianti. Non è questo il momento di incassare il dividendo e di vendere il titolo subito dopo», afferma il gestore.
Claudia Vacanti, responsabile investimenti di Banca Generali Am, mette a confronto bond e azioni per concludere che queste ultime mantengono un consistente vantaggio relativo rispetto al reddito fisso. «A guidare la correzione di queste ultime settimane è stato principalmente il rialzo del rendimento del Bund tedesco. In realtà a leggere attentamente questo dato se ne possono cogliere più gli aspetti positivi che non i rischi. Finalmente il mercato si rende conto che c’è una ripresa economica in atto e che di conseguenza rendimenti così bassi per le obbligazioni di lungo termine sono incompatibili con un uno scenario positivo», sottolinea.
Secondo Vacanti, dunque, «se da qui a fine anno si verificheranno alcune condizioni essenziali, che vanno da una continuità nei segnali di ripresa macroeconomica, a una conclusione positiva della vicenda del debito greco, fino a una risalita lenta e controllata dei tassi in Usa e in Europa, è possibile che per il listino di Piazza Affari ci sia ancora spazio per un rialzo a doppia cifra».
A questo punto per i risparmiatori si pone il dilemma se puntare sulle società ad alto dividendo, che in genere appartengono a settori «difensivi» oppure sui titoli più ciclici. Il gruppo di asset management britannico Columbia Threadneedle Investments sottolinea che «i dividendi rappresentano una componente significativa dei rendimenti totali e in questo momento non vi è alcun segnale di bolla per i titoli generatori di alti rendimenti.
«Tuttavia, a nostro parere sono anche altri i titoli azionari su cui puntare oggi», ribatte Guidi. Convinto che «se i dati della ripresa economica troveranno conferma i comparti che potrebbero dare le maggiori soddisfazioni sono quelli più ciclici delle banche, del lusso e dell’industria». Una strategia di investimento che non entra necessariamente in collisione con la logica dei dividendi. «Le banche, infatti, potrebbero in futuro aumentare il dividend yield, proprio a causa dell’aumento dei profitti dovuto alla ripresa, mentre, in una logica di investimento contrarian i titoli dei materiali dei base e dell’energia, che pagano ottime cedole, potrebbero ricominciare a trovare spazio nei portafogli degli investitori», conclude Vacanti.