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La Repubblica
06/07/20
Quando Luigi Di Maio dice: «Sul Mes ci fidiamo delle parole di Giuseppe Conte», sta lanciando la palla avvelenata nel campo del premier. Quando, nell’intervista all’austriaco Die Presse, spiega: «Non c’è alcuna battaglia ideologica, a differenza di come la questione viene spesso presentata», il ministro degli Esteri difende — in realtà — il punto di vista di chi nel Movimento 5 Stelle non vuole che per nessuna ragione l’Italia acceda al fondo salva-Stati. Difende cioè chi dice che il problema è di merito, tanto che parla di un «negoziato ancora in corso». Così come fanno gli esponenti di governo a lui vicini, spiegando che «quella partita non è chiusa, se davvero non ci sono condizioni quel meccanismo dovrà cambiare anche nome e allora sì l’Italia potrebbe accedervi».
Nonostante ogni giorno si intravedano i granelli di una posizione che potrebbe cambiare (tra i 5 Stelle si sono dimostrati aperturisti sia il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia che il capogruppo in Senato Gianluca Perilli), «niente accadrà prima di settembre», dicono a Palazzo Chigi. Per questo, ufficialmente, il Programma nazionale di Riforma le cui bozze hanno cominciato a circolare ieri rimanda il problema. Scrivendo, a pagina 15, che davanti al «notevole sforzo richiesto per rilanciare e modernizzare la sanità» le iniziative adottate dall’Europa «forniscono opzioni di finanziamento per la risposta alla pandemia che il governo valuterà alla luce di considerazioni di merito e di impatto finanziario».
Valuteremo, quindi, anche se il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sembra avere le idee molto chiare. E le scrive proprio nelle prime pagine di quel documento, dove spiega che «l’epidemia causata dal nuovo Coronavirus ha cambiato in modo repentino e drammatico la vita degli italiani e le prospettive economiche del Paese». E quindi, «è assolutamente necessario evitare che la crisi pandemica sia seguita da una fase di depressione economica. Non vi è tempo da perdere e le notevoli risorse che l’Unione europea ha messo in campo devono essere utilizzate al meglio». Del resto, il Pd — di cui Gualtieri è espressione — è granitico nel considerare irrinunciabili i fondi del Mes. Italia Viva li dà per scontati. Leu chiede — con Roberto Speranza — che ne discuta il Parlamento, anche se il ministro della Salute ha già pronto un piano per utilizzare i 36 miliardi in modo da rafforzare il Sistema sanitario nazionale. Oltre che per dare respiro a medici e infermieri chiamati negli ultimi mesi a uno sforzo straordinario.
Così, non è affatto casuale che questa settimana Conte vada prima in Portogallo, poi in Spagna, a parlare con i rispettivi premier António Costa e Pedro Sanchez: si parla di Recovery Fund, ma si tratta dei due Paesi che l’Italia vorrebbe accedessero al Mes, per far cadere l’idea che gli unici a chiederlo — e a rischiare le conseguenze di cui parlano i sovranisti — siamo noi. Che ce ne sia bisogno è provato da quanto il ministro dell’Economia scrive sempre sul Pnr, le cui bozze sono state girate ieri ai ministri: «Il fabbisogno di interventi infrastrutturali in ambito sanitario — si legge nel documento che il governo si appresta a varare — è pari a 32 miliardi di euro». Poco meno dei 36 del Mes, tenuti fuori i fondi che servono per il personale e per la ricerca. Andare a cercarli sul mercato, facendo altro debito, costerebbe all’Italia 500 milioni l’anno di interessi in più da ripagare.
Tutti argomenti che il Movimento 5 Stelle non vuole ascoltare: «Abbiamo fatto quindici riunioni — rivelano fonti di governo — non c’è verso di far cadere le contrarietà di un folto gruppo di parlamentari M5S». Che potrebbero decidere di venir fuori già il 15 luglio, quando — durante le sue comunicazioni prima del Consigli o europeo — Conte elencherà gli strumenti messi a disposizione dall’Ue. E l’assemblea voterà su diverse mozioni. Una, proprio per stanare i dissidi nel governo, è pronta a presentarla Emma Bonino con Più Europa. Un’altra, del centrodestra, dirà no al Mes a prescindere (ma Forza Italia potrebbe sfilarsi). Quella di maggioranza nicchierà, rimandando a settembre la decisione definitiva. Ma non è detto che basti a sanare la crepa.
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