I Paesi membri potranno investire denaro proprio nel capitale, se lo vorranno. «Ciò – spiegava ieri un funzionario comunitario – non significa che il Paese potrà avere necessariamente un ritorno finanziario legato al suo contributo». Bruxelles è pronta a considerare l’investimento statale con favore quando analizzerà i conti pubblici nazionali, deducendo l’ammontare dal calcolo del deficit, come è avvenuto con il contributo nazionale per la nascita del Meccanismo europeo di stabilità (Esm).
L’obiettivo è di consentire all’Efsi di generare tra il 2015 e il 2017 prestiti e poi investimenti «per almeno 315 miliardi di euro», grazie a un effetto leva di circa 15 volte. Secondo la Commissione, questa stima è prudente, tenuto conto delle esperienze passate. Il nuovo fondo dovrà investire denaro nei settori più strategici: i trasporti, l’energia, la ricerca, l’istruzione. «Non vogliamo una politicizzazione della selezione. A decidere saranno Bei e Commissione», notava sempre ieri lo stesso funzionario comunitario.
Proprio in questi giorni un gruppo di lavoro composto anche dai Paesi membri sta lavorando a una prima lista di progetti. Bruxelles ha deciso che dei 315 miliardi di euro di investimenti generati dal Fondo, 240 miliardi andranno a progetti strategici, 75 a piccole e medie imprese. Sempre a proposito di cifre, la Commissione europea prevede che il piano possa aumentare il prodotto interno lordo a lungo termine per un totale di 330-410 miliardi di euro, e creare 1,0-1,3 milioni di posti di lavoro all’anno nel triennio.
La nuova entità, che beneficerà dell’esperienza della Bei, potrà a differenza di quest’ultima investire in progetti rischiosi. Il pacchetto si fonda su una mobilizzazione dell’abbondante liquidità privata sui mercati, che dovrebbe essere incentivata all’investimento grazie al fatto che la mano pubblica è pronta a prendersi a carico la prima perdita di una eventuale operazione fallita. I più critici metteranno l’accento sulla leva finanziaria, sempre aleatoria, tanto più che il capitale iniziale è molto limitato.
La Commissione europea è stata costretta a tenere conto della scelta di molti Paesi di non aumentare il debito. È anche per questo che il piano ha varie sfaccettature. Non si tratta solo di creare un nuovo strumento finanziario. Bruxelles è convinta che il volano finanziario potrà funzionare solo se i progetti saranno selezionati a dovere e soprattutto se verrà riformato l’ambiente regolamentare per liberare risorse, e consentire agli investimenti di attecchire su un tessuto produttivo più dinamico.
Il pacchetto si basa quindi su un trittico: investimenti, responsabilità di bilancio, riforme strutturali. Sul fronte europeo, l’esecutivo comunitario intende rilanciare la possibilità delle cartolarizzazioni finanziarie; promuovere un mercato dei capitali in modo da aiutare il finanziamento delle piccole imprese; rafforzare il mercato unico delle telecomunicazioni; ridurre gli ostacoli ai trasporti intra-europei sui mari, nei cieli, su rotaie; facilitare l’import-export di fonti energetiche tra i Ventotto.