14.01.2015

Perimetro ampio per emergere

  • Italia Oggi

L’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria è stato ampliato nel corso dei lavori parlamentari di approvazione della legge 186/2014. Rispetto all’originaria procedura prevista dall’art. 1 del dl n. 4/2014 poi non convertito in legge, il presupposto di accesso della collaborazione volontaria è stato radicalmente modificato. Secondo l’art. 1 del testo non convertito in legge il vecchio presupposto d’accesso era l’esistenza di violazioni agli obblighi di monitoraggio fiscale per persone fisiche, società semplici, enti non commerciali. Tale presupposto oggettivo determinava anche limitazioni soggettive alla platea dei soggetti che potevano accedere alla procedura di collaborazione volontaria: i soggetti obbligati agli obblighi di monitoraggio fiscale, ossia le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici.

Se la finalità della procedura di collaborazione volontaria, come emerso ieri nel corso del videoforum organizzato da ItaliaOggi, è rimasta quella di permettere l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute al di fuori del territorio dello stato, tramite la collaborazione volontaria così come risultante dal testo della legge 186/2014 è possibile regolarizzare non solo tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria o patrimoniale costituiti o detenuti all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (art. 4 dl 28 giugno 1990, n. 167) e le violazioni dichiarative relative ai redditi che servirono per costituire o acquistare detti investimenti ed attività ma anche altre violazioni dichiarative che non sono in connessione con gli investimenti e le attività estere in questione, anche se commesse da soggetti diversi da quelli tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale.

Tramite una riformulazione del primo comma dell’art. 5 quater del dl 167/1990, introdotto dall’art. 1 della legge 186/2014, per i soggetti che hanno commesso violazioni alla normativa del monitoraggio fiscale entro il 30 settembre 2014 (persone fisiche, enti non commerciali e società semplice), è stata infatti prevista la possibilità di sanare non solo le violazioni dichiarative che sono in connessione con gli attivi esteri, ma anche le violazioni «non connesse» con tali attivi. L’art. 1, comma 2, della medesima legge 186/2014 estende poi la platea dei soggetti che possono accedere alla procedura di collaborazione volontaria anche ai soggetti diversi dai destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale (le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici) nonché i destinatari di tali obblighi che via abbiano adempiuto correttamente.

Siamo di fronte, in sostanza, ad una procedura che è stata pensata per permettere la regolarizzazioni di attivi detenuti in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale e le violazioni dichiarative che sono in connessione con tali attivi, ma che nel corso dei lavori parlamentari che ne hanno portato alla trasposizione in una legge dello stato, è stata estesa per permettere la regolarizzazione anche:

a) di violazioni dichiarative commesse entro il 30 settembre 2014 dai soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale (persone fisiche, enti non commerciali, società semplici) che sono in connessione con gli attivi esteri detenuti in violazioni di tali obblighi o che non sono in connessione con tali obblighi;

b) di violazioni commesse entro il 30 settembre 2014 da soggetti diversi dai soggetti obbligati agli obblighi di monitoraggio fiscale (dunque anche le società di capitali) che possono essere o meno in connessione con attivi esteri.

Le due estensioni presentano spunti problematici di grande spessore che possono avere riflesso anche sulla validità della procedura. Si pensi al caso di una persona fisica che accede alla procedura di collaborazione volontaria con la finalità di regolarizzare attivi detenuti all’estero in violazione agli obblighi di monitoraggio fiscale, facendo piena luce su tutte le violazioni che sono alla base della precostituitone della provvista estera (e dunque in connessione con tali attivi esteri), violazioni commesse in annualità accertabili. L’estensione dell’ambito oggettivo della procedura anche alle violazioni che non sono in connessione con gli attivi esteri detenuti in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale potrebbe essere interpretata come una mera facoltà a disposizione di tale contribuente, che sfruttando la procedura di collaborazione volontaria potrebbe così sanare anche violazioni dichiarative che non sono in connessione con gli attivi esteri detenuti illecitamente. Questa appare la lettura più garantista, alla luce della finalità della procedura (permettere l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero).

Tale lettura potrebbe però non essere in linea con la natura della procedura che si basa sulla resipiscenza del contribuente, su un genuino pentimento, che, in quanto tale, deve coprire tutte le violazione commesse dal contribuente, non solo quelle connesse con gli attivi esteri oggetto della procedura ma anche quelle non connesse. In tale ottica, la mancata disclosure di parte delle violazioni, anche se non in connessione con attivi esteri oggetto della procedura, potrebbe essere un elemento utilizzato per mettere in discussione la validità della procedura. La problematica non è da poco, alla luce delle coperture penali che assistono la procedura di collaborazione volontaria. Il primo e più dirompente effetto dell’invalidamento della procedura di collaborazione volontaria sarebbe il venir meno delle cause di esclusione della punibilità per tutti i reati tributari previsti dal dlgs 74/2000, inclusi quelli fraudolenti, ad eccezione dei delitti di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Se l’Agenzia delle entrate non chiarirà che l’estensione della collaborazione volontaria per le violazioni non connesse con gli attivi esteri oggetto di regolarizzazione è una mera facoltà, vi potranno essere tentativi di invalidamento degli effetti della procedura di collaborazione volontaria legati per esempio all’accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate o nell’ambito di indagini giudiziarie, di violazioni interne commesse dai soggetti che hanno acceduto alla collaborazione volontaria, violazioni per le quali non era stata fatta disclosure nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria proprio perché non in connessione con gli attivi esteri oggetto della procedura.