All’orizzonte si profila una ripresa fragile, alimentata dal buon andamento di ordini ed export, agevolati dall’euro e dal greggio ai minimi. In arrivo c’è anche il timido ritorno della domanda interna. Sono gli elementi che quest’anno dovrebbero caratterizzare i sette settori chiave del made in Italy. Ma sulle prospettive di ripresa pesa l’assenza di una politica industriale strategica.
Una ripresa fragile, alimentata dalle esportazioni che crescono al traino dell?euro e del petrolio ai minimi, a cui si somma il timido ritorno della domanda interna, seppur condizionata dal clima di (scarsa) fiducia e dalla pressione fiscale (al massimo) che grava su famiglie e imprese. Sono i fattori che nel corso dell?anno condizioneranno l?andamento di sette settori chiave del made in Italy, sempre più proiettati verso i mercati del mondo per compensare l?immobilismo e l?assenza di una concreta politica industriale in grado di ridare il giusto ritmo al manifatturiero. Questo il sentiment che accomuna i pilastri dell?industria nazionale secondo i vertici delle federazioni confindustriali del manifatturiero.
«I cali delle materie prime e dell?euro sono elementi che aiutano, ma sono casuali. A mancare sono la fiducia e una politica industriale che supporti e detti le priorità agli investimenti pubblici e privati – dice Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica -. Si devono liberare risorse da investire, altrimenti l?Italia non riparte». La metalmeccanica è stata pesantemente colpita dalla recessione e rispetto agli anni pre-crisi ha perso un terzo della produzione e un quarto della capacità produttiva. Anche il 2015 si preannuncia un anno difficile: l?export rimarrà stabile e la domanda interna ferma.
Nell?anno dell?Expo la filiera del food accelera sull?export. «Crescerà del 5-6% e per la prima volta si fermerà la caduta dei consumi alimentari delle famiglie, che dovrebbero aumentare dello 0,3-0,4%» spiega Luigi Scordamaglia, alla guida di Federalimentare. Il calo del greggio, poi, dovrebbe migliorare la capacità di spesa delle famiglie, ma il presidente è preoccupato per un sempre possibile aumento di tasse e accise. Relativamente più facile l?affermazione sui mercati mondiali, «dove la domanda di food made in Italy c?è e cresce».
In tutti i casi alle imprese che esportano servono aiuti e un maggior supporto dallo Stato. È quanto oggi Roberto Snaidero, presidente di Federlegno-Arredo, chiederà nel corso di un incontro con il ministro Gentiloni. Lo scorso anno il comparto è riuscito, grazie al bonus mobili, a fermare la caduta della domanda e quest?anno punta a una leggera crescita. La messa in sicurezza è comunque affidata all?export, che dovrebbe crescere del 5 per cento. «Presidiamo sempre più i mercati dell?area del dollaro e quelli emergenti, sperando che le sanzioni alla Russia si allentino – sottolinea Snaidero -. Quest?anno sono in programma oltre venti missioni e nel 2016 si svolgerà la prima grande fiera del design italiano a Shanghai».
Si aspetta un anno piatto Claudio Andrea Gemme, presidente Anie (elettronica ed elettrotecnica). «La flessione della domanda interna è compensata dalle esportazioni, ma servono politiche industriali, un piano energetico e una strategia che finalmente favorisca la manutenzione e l?aggiornamento tecnologico di impianti, infrastrutture, immobili pubblici e privati». Gemme tocca anche un altro tasto chiave: quello dell?innovazione. «In queste condizioni sono fortunate le imprese che riescono a investire in ricerca e sviluppo» rimarca. All?interno del perimetro della federazione l?incremento atteso è del 2%, ma non mancano segmenti, come quello della sicurezza, che dovrebbero crescere del 4 per cento.
Il 2% è l?aumento previsto anche per i beni strumentali. «Le prime stime evidenziano un altro anno di crescita, ma nel biennio 2012-2013 il comparto ha registrato un calo della produzione e ora stiamo ritornando ai valori del 2008 ? premette Alfredo Mariotti, segretario generale di Federmacchine -. I consumi interni continueranno a essere sostenuti, anche grazie agli effetti della Sabatini bis, che lo scorso anno ha risvegliato la domanda». Il portafoglio ordini copre un trimestre «ed è in miglioramento». Anche qui si registra una nicchia che riuscirà a fare meglio della media. Si tratta delle macchine utensili e dei robot: la prospettiva è di un aumento della produzione tra il 4-5%, avvicinando così i 5 miliardi di ricavi. Un exploit che andrà a ripercuotersi positivamente su altri comparti della federazione, resi ancora più competitivi dal calo delle materie prime e dalla bolletta energetica più leggera.
Dopo sei anni di affanni un cauto ottimismo contraddistingue il tessile e la moda. «Per la prima volta si vede qualche bagliore di luce e il tessile avrà migliori prospettive rispetto all?abbigliamento» osserva Gianfranco Di Natale, direttore generale di Smi (Sistema moda Italia). La domanda interna è ferma, «non si vedono segni di ripresa e se a fine anno si confermeranno i risultati del 2014 sarà già un buon risultato». Così la filiera rafforza la presenza nell?area del dollaro.
Stabilità anche per la meccanica varia. «Non ci sono grandi aspettative – premette Sandro Bonomi, presidente di Anima -. Il calo dell?euro ci aiuterà negli Usa e nel Far East e la crescita sarà più vigorosa in nicchie come la meccanica fine e l?automotive». La domanda interna invece resterà «stagnante per la mancanza di fiducia».