23.06.2011

Pensioni, tre mesi in più al lavoro

  • Il Corriere della Sera

di Mario Sensini

ROMA — Ci sono anche le pensioni nel menù delle possibili misure per il risanamento dei conti del prossimo triennio allo studio dei tecnici del governo. La prima ipotesi sul tavolo è quella di aumentare gradualmente l’età pensionabile delle donne nel settore privato, equiparandola a quella degli uomini (65 anni), la seconda è quella di anticipare al 2013, quindi di due anni, l’agganciamento automatico dei requisiti anagrafici per le pensioni alle aspettative di vita. Si ragiona anche sull’aumento dei contributi per i lavoratori parasubordinati e su un possibile tetto alle pensioni d’oro, che non verrebbero adeguate al costo della vita. Ma su tutte queste misure non c’è ancora alcun orientamento politico dell’esecutivo. I tecnici le stanno comunque considerando, e non solo sotto l’aspetto del gettito, non altissimo e non immediato. L’innalzamento dell’età di pensione delle donne sarebbe graduale e i risultati concreti si avrebbero alla fine di un quinquennio. L’agganciamento automatico anticipato alle speranze di vita potrebbe portare a un allungamento al massimo di tre mesi dell’età di pensione nel 2013, con un risparmio di circa un miliardo. Ma un nuovo giro di vite sul sistema previdenziale darebbe tuttavia un segnale molto forte di credibilità e di impegno dell’esecutivo nel risanamento dei conti. Nel pacchetto di misure "possibili"che i tecnici stanno soppesando e che tra un paio di giorni finirà sul tavolo del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per una prima sintesi, ci sono anche nuovi interventi sul pubblico impiego, i Comuni e gli enti locali, la sanità, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Per i dipendenti pubblici si valuta la possibilità di estendere di un anno o due il blocco dei contratti (oltre alla conferma dello stop alle nuove assunzioni), mentre per Regioni e Comuni si considerano altri tagli. Per i Comuni, secondo indiscrezioni, c’è l’ipotesi di un nuovo taglio da 3 miliardi sul 2013-2014, ma anche sui fondi destinati alle Regioni, secondo il ministro Raffaele Fitto, una sforbiciata sarà «inevitabile» . Quasi certo anche l’intervento sulla sanità, favorito dall’introduzione dei costi standard. L’avvio del federalismo fiscale potrebbe rivelarsi una buona leva anche per la riduzione dei costi della politica. La ragioneria dello Stato sarà incaricata di fare un’analisi approfondita della spesa storica dei singoli ministeri, e stabilire dei «livelli ottimali di spesa» per funzioni. Un riferimento che servirebbe sia per parametrare la spesa (e tagliare quella eccessiva), che per evidenziare la capacità (o incapacità) dei singoli ministeri, applicando anche a loro il meccanismo del «fallimento politico» che il governo ha messo a punto per gli amministratori locali. La manovra dovrebbe valere 3 miliardi per il 2011, 5 per il 2012, 20 sul 2013 e altri 15 sul 2014. In tutto, 43 miliardi. Arriverà insieme alla delega per la riforma delle tasse destinata a ridurre le aliquote, anche con la riduzione delle deduzioni e detrazioni fiscali dalla quale, sempre secondo i tecnici, potrebbero scaturire circa 16 miliardi di euro.