Il secondo periodo parte nel 2014, quando è entrata in campo la rivalutazione-Letta che però è stata applicata sugli importi “congelati” nel 2012-2013. Se il blocco cancellato dalla Consulta non fosse intervenuto, questa rivalutazione si sarebbe rivelata quindi un po’ più generosa: una pensione 2011 da 1.450 euro lordi, per esempio, è arrivata tale e quale al 2014, e ha ricevuto un incremento dell’1,1%, ma senza il congelamento dei due anni precedenti la base sarebbe stata di 1.483 euro. Il decreto riconosce questo “effetto trascinamento”, con un meccanismo che in pratica, stando almeno alle bozze circolate finora, supera nelle fasce di pensione più basse gli effetti che si avrebbero avuti senza il blocco: per la pensione da 1.450 euro lordi, la differenza nel 2014-2015 fra l’indicizzazione vera e quella che ci sarebbe stata senza il precedente intervento di Monti è di 27,1 euro in tutto, mentre il decreto ne produce 45. Ma qui il compito è più facile perché le cifre sono più piccole, anche grazie al fatto che la frenata dell’inflazione ha tagliato anche il tasso di rivalutazione delle pensioni (quello provvisorio per il 2015 è dello 0,3%, ma dovrebbe essere ulteriormente limato allo 0,2% a consuntivo). Questa divisione in due tempi, però, evita di replicare anche sul 2014 e 2015 il rimborso delle mancate rivalutazioni degli anni precedenti: dal momento che proprio il 2012 e il 2013 hanno rappresentato il periodo recente a più alta inflazione (e quindi a maggiore rivalutazione teorica), questo meccanismo abbatte i costi, e finisce per abbassare i rimborsi complessivi verso quota 22% rispetto agli arretrati per le fasce di pensione più basse fra quelle interessate dal meccanismo, e attorno al 5,5% per quelle più alte: anche in questo caso, i rapporti al netto delle imposte crescono per effetto della tassazione separata.
Pensioni, sui rimborsi calcoli in due tempi
Il secondo periodo parte nel 2014, quando è entrata in campo la rivalutazione-Letta che però è stata applicata sugli importi “congelati” nel 2012-2013. Se il blocco cancellato dalla Consulta non fosse intervenuto, questa rivalutazione si sarebbe rivelata quindi un po’ più generosa: una pensione 2011 da 1.450 euro lordi, per esempio, è arrivata tale e quale al 2014, e ha ricevuto un incremento dell’1,1%, ma senza il congelamento dei due anni precedenti la base sarebbe stata di 1.483 euro. Il decreto riconosce questo “effetto trascinamento”, con un meccanismo che in pratica, stando almeno alle bozze circolate finora, supera nelle fasce di pensione più basse gli effetti che si avrebbero avuti senza il blocco: per la pensione da 1.450 euro lordi, la differenza nel 2014-2015 fra l’indicizzazione vera e quella che ci sarebbe stata senza il precedente intervento di Monti è di 27,1 euro in tutto, mentre il decreto ne produce 45. Ma qui il compito è più facile perché le cifre sono più piccole, anche grazie al fatto che la frenata dell’inflazione ha tagliato anche il tasso di rivalutazione delle pensioni (quello provvisorio per il 2015 è dello 0,3%, ma dovrebbe essere ulteriormente limato allo 0,2% a consuntivo). Questa divisione in due tempi, però, evita di replicare anche sul 2014 e 2015 il rimborso delle mancate rivalutazioni degli anni precedenti: dal momento che proprio il 2012 e il 2013 hanno rappresentato il periodo recente a più alta inflazione (e quindi a maggiore rivalutazione teorica), questo meccanismo abbatte i costi, e finisce per abbassare i rimborsi complessivi verso quota 22% rispetto agli arretrati per le fasce di pensione più basse fra quelle interessate dal meccanismo, e attorno al 5,5% per quelle più alte: anche in questo caso, i rapporti al netto delle imposte crescono per effetto della tassazione separata.