La restituzione della mancata perequazione sarà quindi «selettiva e parziale». Lo spazio di manovra per evitare gli strali di Bruxelles che – secondo fonti Ue – nelle raccomandazioni di mercoledì metterà l’Italia sotto «monitoraggio» per capire l’impatto della sentenza, condizionando a questo l’uso della flessibilità richiesta dall’Italia – è strettissimo. Il governo, per rispettare la regola del debito, dovrebbe mantenere il rapporto deficit-Pil al 2,6% e quindi sulla carta avrebbe a disposizione solo il «tesoretto» da 1,6 miliardi e tagli alla spesa ancora da definire. Di certo non potrà essere restituito l’intero importo della perequazione, 14 miliardi netti, e forse nemmeno la metà, se l’Italia vuole continuare ad avere la flessibilità di bilancio per le riforme.
Padoan si rifarà, quindi, agli stessi criteri indicati dalla Consulta: «progressività e temporaneità». La restituzione sarà modulata in base al valore dell’assegno: avrà di più chi è titolare di un reddito più basso e meno, via via, chi lo ha più alto. Le percentuali di restituzione della perequazione non sono state ancora decise, i tecnici ci stanno ancora lavorando, attenti al quadro complessivo dei conti, ma nel totale lo Stato verserà un rimborso parziale. Una tantum. Senza immaginare una successiva rateizzazione per il residuo. La quota restituita, riferita al biennio 2012-2013, si cumulerà e farà da base alle perequazioni degli anni successivi.
I pensionati interessati quindi si vedranno rivalutati i rispettivi assegni non solo per il passato ma anche per il futuro. «Terremo conto delle fasce di reddito sia per gli arretrati, sia per i trattamenti futuri», ha spiegato Padoan.
Intanto per il sottosegretario al Tesoro e leader di Scelta civica, Enrico Zanetti, «la gradazione va fatta non solo sulla base dell’importo della pensione percepita ma anche degli anni di contributi versati» ha detto riferendosi ai baby-pensionati.