Ci vuole una legge per il passaporto sanitario antiCovid. Si tratta di una restrizione alla libertà di circolazione per motivi riguardanti lo stato di salute e non si può prescindere da una norma di rango primario. Arriva dal Garante della privacy la richiesta di una norma generale, che se, da un lato, autorizza la circolazione a chi è stato vaccinato, dall’altro ostacola o vieta la libertà di movimento. L’autorità presieduta da Pasquale Stanzione indirizzerà una segnalazione al Parlamento impostata in questi termini.
La conseguenza di un’impostazione di questo tipo è che non potrà avere rilevanza l’eventuale consenso dell’interessato. Si tratta di un problema di «base giuridica» del trattamento ed è un problema che riguarda sia soggetti pubblici sia soggetti privati. Per il regolamento europeo sulla protezione dei dati n. 2016/679 (Rgpd), infatti, ogni trattamento deve avere la sua base giuridica, cioè la sua condizione di liceità. Senza la giusta base giuridica il trattamento è illecito e chi lo compie rischia fino a 20 milioni di euro di sanzione amministrativa (articoli 9 e 83 del Rgpd).
Ricapitolando i termini della questione, il Garante fa presente che è un tema del giorno quello di accompagnare la somministrazione dei vaccini con soluzioni che facilitino la riconoscibilità di chi si è vaccinato e ciò al fine di avere più libertà nell’accesso a determinati locali o per la fruizione di taluni servizi (stazioni, aeroporti, hotel, stazioni, palestre e così via).
La questione parte proprio dalla stessa liceità di subordinare la libertà di azione alla documentazione di avere assunto il vaccino e di non di correre pericoli di contagio. Il problema, come spesso capita, non è di possibilità tecnica di ottenere il risultato, ma della legittimità in sé dell’operazione. E nell’ambito dei controlli di legittimità si colloca anche il rispetto della disciplina della privacy. Privacy che, ancora una volta, non blocca e non autorizza, ma chiede cautele e garanzie.
Tra l’altro stiamo parlando di dati particolarmente delicati, come i dati relativi allo stato vaccinale e di potenziali effetti discriminatori per le persone, etichettate in un senso o nell’altro. La cautela è d’obbligo, visto che ci possono essere violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali. Queste le ragioni che spingono il Garante a segnalare al legislatore la necessità di una preventiva legge testa ad ammettere il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi.
La legge, di cui si parla, deve rispettare i principi del Rgpd e tra questi quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati, in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza. Senza la legge, l’utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo.