Se per le strumentali e mini-aziende locali l’obiettivo rimane un drastico alleggerimento del numero di realtà e del loro peso sui conti pubblici, per i servizi pubblici la parola d’ordine è quella dell’«aggregazione», tema su cui la sintonia fra il commissario alla spending review e il Governo sembra perfetta. «Le aziende di punta – spiega il viceministro all’Economia Enrico Morando – sono state spesso spremute dagli enti proprietari in cerca di dividendi per far fronte al Patto di stabilità , e il risultato è una sottocapitalizzazione e dimensioni inferiori rispetto ai modelli internazionali». Se questo il problema, la soluzione va cercata secondo Morando in «un sistema di incentivi e disincentivi che spinga verso modelli di public company e aiuti il capitale di rischio». Nel mosaico della finanza locale, in cui ogni tassello è collegato a un altro, una parte della strategia deve passare anche «dal cambio radicale di regole sul Patto di stabilità , almeno per i Comuni che hanno capacità fiscale adeguata». L’idea è quella di puntare sull’obbligo del pareggio di bilancio e su una golden rule che lasci più margini agli investimenti. E sull’idea delle aggregazioni c’è da registrare la convergenza, non scontata, da parte degli enti locali: «Avremo molte resistenze anche al nostro interno – spiega Enzo Bianco, sindaco di Catania e membro dell’ufficio di presidenza Anci – ma la strada è quella anche per le amministrazioni, anche perché non possiamo più reggere un Paese con 8.100 Comuni. Qualche incentivo ha aiutato Unioni e fusioni, e bisogna proseguire anche sulle aziende».
L’idea del “doppio binario” torna anche per le regole sulla gestione del personale, appena ritoccate dal decreto di riforma della Pubblica amministrazione che però sul punto sembra aver bisogno di nuovi interventi. «Per chi ha fatto gare e opera sul mercato – riflette Claudio De Vincenti, viceministro allo Sviluppo economico – non ci dovrebbero essere vincoli particolari, perché è il mercato stesso a distinguere i soggetti efficienti da quelli che non lo sono; le società in house e le strumentali devono invece avere regole di finanza pubblica chiare e in linea con quelle delle Pubbliche amministrazioni di riferimento». Oggi, alla luce del testo definitivo del decreto sulla Pubblica amministrazione, agli enti controllanti si chiede di «coordinare le politiche del personale» con le partecipate, ma qualche ritocco potrebbe già arrivare con la conversione in legge.