I nuovi termini di pagamento nelle transazioni commerciali previsti del dlgs 192/2012 (entro 30 giorni, prorogabili fino a 60 solo in casi particolari) si applicano a tutti i settori produttivi. Lavori pubblici compresi. Lo ha chiarito ufficialmente una circolare congiunta dei ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, emanata mercoledì scorso.
I dubbi riguardavano soprattutto il settore dei lavori pubblici, già escluso dalla portata della precedente direttiva europea in materia (la n. 2000/35/Ce, recepita nel nostro paese dal dlgs 231/2002). Tale lettura nasceva dall’espresso riferimento, operato tanto dalla fonte comunitaria quanto dal provvedimento interno di recepimento, quali possibili oggetto delle transazioni commerciali esclusivamente alla consegna di «merci» o alla prestazione di «servizi», il che portava a escludere i contratti di lavori. In tal senso, si era espressa anche l’Autorità garante dei lavori pubblici con la determinazione n. 5 del 27 marzo del 2002. La stessa relazione illustrativa al dlgs 231/2002, del resto, demandava a un apposito intervento legislativo (finora mai effettuato) l’adeguamento della disciplina degli appalti pubblici di lavori.
Per superare questo «doppio binario», nella nuova direttiva (la n. 2011/7/Ue) è stato inserito un nuovo «considerando», che recita: «La fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo a cui si applica la presente direttiva dovrebbero anche includere la progettazione e l’esecuzione di opere ed edifici pubblici, nonché i lavori di ingegneria civile».
Tuttavia, il dlgs 192 non ha espressamente accolto tale indicazione e, per di più, si è limitato a modificare il precedente dlgs 231, senza sostituirlo integralmente.
A sgombrare il campo da equivoci è ora intervenuta la circolare ministeriale, fortemente sollecitata dagli operatori del settore (fra i più colpiti dai ritardi nei pagamenti da parte della p.a.), anche con la presentazione, lo scorso mese di novembre, di un position paper. Nei giorni scorsi, sul tema era nuovamente intervenuta l’Ance con un proprio documento (si veda ItaliaOggi del 22 gennaio) che ha in gran parte anticipato i contenuti della stessa circolare.
Del resto, la tesi dell’applicazione generale della nuova disciplina è stata autorevolmente sostenuta anche dal commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria (e vicepresidente della Commissione Ue) Antonio Tajani, che aveva formalmente chiesto al governo di intervenire sul punto. Nella lettera (inviata al ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, poco prima di Natale), peraltro, si evidenziano anche altri aspetti critici della normativa italiana, che andranno corretti.
Oltre alla questione (ora risolta) dell’ambito di applicazione, infatti, Tajani ha anche contestato l’indebita estensione e la genericità delle deroghe all’obbligo per la p.a. di pagare a 30 giorni: secondo la direttiva, ciò potrebbe essere previsto solo a favore degli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria, solo a determinate condizioni e fino a un massimo di 60 giorni. Viceversa, il dlgs 192 lo consente a tutte le p.a. quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione: una formulazione effettivamente troppo generica, che favorisce tentativi di elusione e quindi rischia di ingenerare contenzioso. Manca, inoltre, una previsione che precisi che i termini vanno computati in giorni di calendario, domeniche comprese. Da rivedere infine, le tutele giurisdizionali, anche con la previsione di procedure accelerate, a prescindere dall’importo del debito.
Su questi punti, la palla passa ora al prossimo governo, che dovrà intervenire con tempestività per scongiurare il rischio di incappare in una procedura di infrazione comunitaria.