Il primo appuntamento riguarda la sostituzione del presidente Alessandro Profumo, che lascerà l’incarico con l’approvazione dei conti semestrali, in programma il 6 di agosto. Profumo lascia un gruppo avviato sulla strada del risanamento (nel primo trimestre dell’anno c’è stato il ritorno all’utile per 72,6 milioni) ma ancora alle prese con alcuni passaggi cruciali, a cominciare dall’individuazione di un partner con cui accasarsi, come esplicitamente richiesto dalla Banca centrale europea. Il Monte, guidato dall’amministratore delegato Fabrizio Viola, deve comunicare a Francoforte entro il 26 di luglio la sostanza del piano intrapreso in vista dell’aggregazione, argomento che probabilmente sarà già affrontato nel consiglio d’amministrazione in programma venerdì a Rocca Salimbeni.
Se la scelta di un nuovo presidente non richiederà troppo tempo (il nome più gettonato in questo momento è quello di Massimo Tononi, presidente di Borsa spa), l’individuazione di un alleato con cui aggregarsi, operazione per la quale Siena è affiancata dagli advisor Ubs e Citi, difficilmente si concretizzerà prima della fine dell’anno. Questa è indubbiamente la partita più difficile per Siena, che non ha più il controllo della “sua” banca e teme anche un allentamento del legame con il territorio. L’ipotesi più credibile resta comunque quella di un partner estero. Prospettiva che in questo momento sembre dare maggio€ri garanzie di mantenere la testa del Monte nella città del Palio. Ma sono lontani i tempi in cui Mps era totalmente in mano pubblica. Così lontani che neppure quel 4% in portafoglio al Tesoro può rievocarli. Al di là della suggestione e del ricorso storico.