La fragilità dell’eurozona, «dove la crescita ha rallentato perché la debolezza di Germania, Francia e Italia ha annullato i miglioramenti registrati nei Paesi periferici», è il principale freno a una ripresa dell’economia mondiale. Anche se iniziano a vedersi segnali incoraggianti. A partire proprio dall’Italia, dove con la riforma del mercato del lavoro, «il premier Renzi ha dimostrato di avere coraggio». Il segretario generale dell’Ocse, Ángel Gurría, ha commentato così le proiezioni preliminari sui Paesi del G20 (l’outlook completo verrà presentato il 25 novembre), in vista del vertice di Brisbane del prossimo fine settimana.
Rispetto a settembre, le nuove previsioni sull’area euro per il 2015 sono rimaste invariate (1,1% di crescita del Pil, con un +1,7% stimato per il 2016), mentre sono peggiorate per la Germania (nettamente, dall’1,5% all’1,1%, con un +1,8% nel 2016) e per la Francia (dall’1% allo 0,9%, 1,5% nel 2016). Per l’Italia c’è stata una lieve correzione al rialzo per il 2015 (dallo 0,1% allo 0,2%), che lascia comunque il nostro Paese al penultimo posto della classifica del G20, chiusa dalla Russia (ferma allo 0%). La posizione non dovrebbe cambiare nell’anno successivo, quando l’Italia dovrebbe registrare un aumento del Pil dell’1%, davanti al solo Giappone (+0,8%).
A trainare la crescita mondiale (3,7% nel 2015 e 3,9% nel 2016, comunque al di sotto del trend di lungo periodo) saranno ancora una volta la Cina (che dovrebbe trovare un andamento più equilibrato, intorno al 7%) e alcuni degli emergenti: in particolare India (6,4% e 6,6%) e Indonesia (5,4% e 6%). Mentre gli Stati Uniti dovrebbero confermare la solidità della loro ripresa (3,1%, previsione invariata per il 2015, e 3%).
La crescita dell’eurozona, sia pure “molle”, potrebbe però non rispettare queste stime – ha avvertito il nuovo capo economista dell’Ocse, Catherine Mann – «se non si continuerà a procedere con decisione su tre fronti: quello di una politica monetaria ancora più espansiva, quello di politiche nazionali finalizzate al sostegno della crescita e quella delle riforme strutturali».
Su quest’ultimo aspetto, Gurría ha appunto voluto dare un riconoscimento ufficiale al premier italiano: «La decisione di Renzi di porre la fiducia sulla riforma del mercato del lavoro dimostra l’audacia e il coraggio del capo del Governo». «Italia e Francia – ha aggiunto il segretario dell’Ocse – hanno così avviato un processo di riforme per promuovere la crescita e creare nuove opportunità occupazionali per i lavoratori non specializzati».
Questi segnali non sono purtroppo sufficienti a modificare uno scenario di «profonda debolezza della domanda nella zona euro, che lascia intravvedere il rischio crescente di un periodo prolungato di stagnazione e di bassa inflazione». Ecco perché è indispensabile, insiste ancora una volta l’Ocse, che alle riforme strutturali e a politiche nazionali meno soggette all’imperativo del risanamento fiscale si affianchino scelte della Banca centrale europea che «rafforzino la politica di rilancio monetaria, nella direzione delle iniziative positive già adottate ma andando al di là delle misure annunciate fino a oggi».
L’organizzazione parigina chiede quindi esplicitamente «un impegno per considerevoli acquisti di asset fino a quando l’inflazione non si rimetterà in carreggiata», non ritroverà cioè un livello vicino al target del 2 per cento. Le misure non convenzionali di “quantitative easing” – con relativo, consistente aumento del bilancio – dovrebbero riguardare acquisti di Abs e di corporate bond, ma anche di sovereign bond. Di titoli pubblici.
Fumo negli occhi per i tedeschi e prospettiva delicatissima per il presidente della Bce. Tant’è che la Mann ha ritenuto di aggiungere: «Speriamo che tutti sostengano Mario Draghi».