Il giudice di seconde cure meneghino ha ribadito e rinforzato un orientamento che si sta diffondendo a macchia di leopardo nelle commissioni tributarie, con pronunce che provengono ormai da tutte le parti della Penisola, da Milano sino a Lecce, passando per Brescia, Campobasso, Terni, Frosinone e Bari (si veda la tabella a pagina 3).
Ma v’è di più. Il giudice tributario della Lombardia, infatti, non si è limitato ad annullare l’atto impositivo per un motivo introdotto nel solo grado d’appello (in riforma della sentenza di primo grado nella quale l’argomento non era stato affatto introdotto dal contribuente), ma ha ritenuto di dover trasmettere copia del fascicolo processuale alle competenti Procure, contabile e penale, per valutare un eventuale danno erariale, derivante dal mancato introito per l’annullamento dell’accertamento, ed eventuali rilievi penali. La Commissione spiega che il giudice collegiale tributario ha un obbligo giuridico diretto di trasmettere alla Procura della Corte dei conti un rapporto su eventuali responsabilità per danno erariale, nonché alla Procura della repubblica (ex art. 331 c.p.p.) per le responsabilità penali che ricadrebbero direttamente anche sull’organo giudicante che abbia omesso le doverose denunce (art. 361 c.p.).
La contesa, dunque, è destinata a non esaurirsi nelle aule della giustizia tributaria, bensì a investire ulteriori autorità giudicanti, per valutare il danno allo Stato cagionato dalla irregolare sottoscrizione degli avvisi di accertamento e le relative responsabilità.