15.09.2021

Nel piano del governo crescita 2021 al 6% Deficit al 10% ma incognita nuove spese

  • Il Sole 24 Ore

La crescita calcolata per quest’anno dal governo si attesta al 6%, mentre per l’anno prossimo le previsioni puntano poco sopra 4%. Salvo piccoli aggiustamenti dell’ultima ora, sarà questa la linea del Pil tracciata nella Nota di aggiornamento al Def che sarà presentata al Parlamento nei prossimi dieci giorni. Nei calcoli elaborati in queste settimane al ministero dell’Economia non era stata esclusa la possibilità di salire di qualche decimale oltre al 6%. Ma i problemi incontrati dalle materie prime nel rincorrere il rimbalzo intenso della domanda, e l’effetto collaterale di questa dinamica sui prezzi dell’energia, suggeriscono prudenza.

Un Pil che sale del 6%, centrando così ex post la previsione scritta nella Nadef dello scorso anno dall’allora ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, indica un’accelerazione di 1,9 punti rispetto al tendenziale calcolato nel Def di aprile. Una buona notizia, che quest’anno colloca l’Italia nella posizione inusuale di lepre continentale della crescita (ma dopo aver registrato con il -8,9% del 2020 una delle cadute più profonde a livello europeo), e che ha effetti diretti su deficit e debito. Il primo si collocherà intorno al 10%, contro l’11,8% ipotizzato in primavera nel Def, mentre il secondo dovrebbe superare di poco i livelli 2020 (155,8%) limando lo scalone di quattro punti (al 159,8% nel 2021) che era stato calcolato sei mesi fa.

Su queste ultime due cifre pesano ancora le variabili maggiori, che potrebbero portare a qualche marginale aggiustamento nei giorni che separano il governo dalla presentazione ufficiale del nuovo programma di finanza pubblica alle Camere. Per due ragioni.

La prima è legata ai monitoraggi in corso sulla spesa effettiva prodotta nello sterminato panorama degli interventi emergenziali messi in campo per quest’anno. Spesa inferiore al previsto, che insieme al rimbalzo del Pil contribuisce a ridurre deficit e debito e potrebbe portare l’indebitamento netto anche di poco sotto il 10%. Ma qualche decimale, e qui si incontra la seconda variabile, di segno opposto alla prima, rischia di dover essere destinato a un nuovo decreto urgente nelle prossime settimane. Perché giovedì scorso il Parlamento ha chiesto in modo quasi unanime un altro stop alle cartelle fiscali, che su quest’anno costerebbe fino a 4 miliardi se accolto in forma integrale. Sul tavolo c’è poi l’estensione della Cig Covid fino a fine anno per il terziario, con una spesa che si può avvicinare al miliardo. E a questo conto lordo da 5 miliardi si aggiunge la ricaduta del caro energia sulle bollette che potrebbe richiedere un altro intervento dopo gli 1,3 miliardi già spesi sotto questa voce nei mesi scorsi. Non tutte queste misure vedranno la luce in forma integrale, ma a conti fatti il deficit potrebbe attestarsi uno-due decimali sopra il 10%.

Si tratta comunque, si diceva, di un livello quasi due punti più basso rispetto alle previsioni di primavera. A farlo scendere, oltre ai ritmi di crescita e ai loro effetti sulle entrate fiscali e contributive, ci sono le spese che si sono fermate prima del previsto. Una voce importante da questo punto di vista è la Cig Covid, su cui si stanno aggiornando gli ultimi calcoli relativi al tiraggio effettivo delle ore prenotate dalle imprese. Un’altra, consistente quota di minor spesa rispetto al previsto è legata agli aiuti a fondo perduto previsti dai due decreti «Sostegni» per le partite Iva colpite da forti perdite di fatturato nel 2020 o nei primi tre mesi di quest’anno. Rispetto alla stima iniziale di 11 miliardi, il primo giro di aiuti si è fermato poco sotto i 7. Una parte della mancata spesa è stata dirottata sulla seconda tornata di contributi, ma nemmeno in questo caso lo stanziamento è andato esaurito. Nelle proverbiali “pieghe del bilancio” dovrebbero essere rimasti 4-5 miliardi: una parte dovrebbe essere destinata all’estensione della platea dei beneficiari degli aiuti, per comprendere le imprese fra 10 e 15 milioni di ricavi in epoca pre-Covid, ma la quota necessaria per questa misura è tutto sommato marginale. Altri 4 miliardi sono accantonati per un terzo contributo, quello «perequativo» legato ai colpi inferti dall’emergenza sanitaria al conto economico e non al semplice fatturato. I parametri per calcolare l’aiuto a ogni singola impresa devono ancora essere definiti con decreto dell’Economia, che dovrebbe arrivare solo dopo la raccolta delle dichiarazioni necessarie alla domanda (il termine è slittato dal 10 al 30 settembre); non è improbabile che anche in questo caso la spesa effettiva si fermi prima del previsto, ma la verifica potrà essere fatta solo a consuntivo.