Sei amministrazioni su dieci preferiscono fare acquisti in proprio e non si servono di sistemi centralizzati, come Consip, e centrali regionali. A fare la scelta autonoma sono persino le amministrazioni che, in teoria, sarebbero costrette per legge a ricorrere alle centrali, quali ad esempio le Asl: il 50% preferisce ancora il fai-da-te, nonostante da più di un anno (con il decreto spending review) sia obbligatorio passare per le centrali di acquisto regionali, o in mancanza, per le convenzioni Consip.
Più della metà degli enti poi non dispone di un albo fornitori e dunque controlla i propri appaltatori ancora a campione e manualmente. È il ritratto di un’amministrazione ancora in gran parte “arrugginita” e poco incline all’uso delle nuove tecnologie per approvvigionarsi quello che arriva dal Quarto rapporto «Come acquista la Pa» realizzato da Fondazione PromoPa e Università di Tor Vergata.
L’analisi su un campione di oltre 500 enti pubblici, tra Ministeri, Regioni, Università , Asl, Comuni, ma anche società partecipate dagli enti locali fotografa una realtà ancora poco dinamica, nonostante proprio l’ufficio acquisti sia stato investito negli ultimi anni da diversi cicloni: dalla spending review agli obblighi di trasparenza degli appalti, alla legge anti-corruzione. Normative che hanno avuto il solo effetto di appesantire i processi di acquisto della Pa, senza – è il giudizio del campione – garantire una reale trasparenza.
E mentre il nuovo Governo con il commissario alla spesa, Carlo Cottarelli, studia un ulteriore giro di vite e un rafforzamento del «metodo Consip», l’indagine quantifica, con numeri e percentuali, le resistenze verso le forme di aggregazione. Le più autonome? Sono le municipalizzate e le società partecipate dagli enti pubblici: solo il 24% del campione si affida a centrali di committenza o a gestioni associate per le forniture, poco meglio fanno le Università (30%), mentre l’aggregazione della domanda è una realtà consolidata in un Comune su due.
Commenta il presidente di PromoPa, Giuseppe Scognamiglio: «Sinora si è lavorato, e molto, sul fronte normativo e sugli strumenti operativi per razionalizzare la spesa, con i buoni risultati raggiunti da Consip e dal suo mercato elettronico». «Ora però – aggiunge – bisogna intervenire sulla formazione dei buyer pubblici, per fare loro acquisire le stesse logiche e competenze delle aziende private». «È mancata una governance soprattutto per le figure chiave degli acquisti – aggiunge Gustavo Piga, direttore del Master in appalti pubblici dell’Università Tor Vergata di Roma – che spinga nella direzione delle tecnologie e delle competenze, premiando, ad esempio i buyer che riescono a superare la logica dei tagli lineari». E proprio i tagli lineari e la riduzione degli acquisti sono la prima reazione alla spending review. In una scala da 1 a 10 i tagli alle quantità dei beni hanno inciso di oltre 6,4 punti (otto per Regioni e Ministeri) contro i 4,5 del valore-qualità .
Naturalmente le tante amministrazioni si muovono a diverse velocità . «Le situazioni di eccellenza si trovano nelle Regioni che hanno centrali di acquisto a loro volta ben strutturate e funzionanti, come l’Emilia Romagna, la Lombardia, la Toscana e la Puglia» spiega Annalisa Giachi, curatrice insieme con Simone Borra, dello studio che sarà presentato a Roma venerdì alla Scuola nazionale dell’amministrazione. «Al contrario -aggiunge – proprio le partecipate faticano a imboccare la strada della centralizzazione. Ma sull’innovazione si segnalano anche esperienze all’avanguardia come Trenitalia o Poste, che hanno sviluppato sistemi avanzati di qualificazione dei fornitori e di controllo della performance.
Spesso non è neanche una questione di risorse: tra chi ha investito in soluzioni tecnologiche sia per la gestione dei fornitori che per la programmazione della spesa il 44% ha speso meno di 10mila euro. Eppure più della metà (il 54% degli enti) non ha ancora una piattaforma di gestione dei fornitori (con i Comuni al 70%). Quindi processi chiave, come la rotazione degli appalti e il controllo di tempi e costi sono svolti, in un caso su due, in modo del tutto artigianale.
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Il Sole 24 Ore
03/03/14
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