Ricorda di non essere un Capo di Stato ma a tratti, per incisività e brillantezza, rischia perfino di oscurare Francois Hollande. Come quando dice che «svalutare l’euro non è un tabù» anche se non è certo «tra le ipotesi più concrete». È di buon umore Mario Monti nella sala tutta stucchi dorati della prefettura di Lione. La protesta dei “no Tav” è lontana, lo prepoccupa sempre di meno. Anche lo spread sotto quota 300 lo rincuora anche se, aggiunge, «c’è un livello a 287 punti base che rappresenta un obiettivo che spero sia toccato. Indovinate perché? Vabbè ve lo dico… è esattamente la metà dei 574 punti con cui abbiamo iniziato il nostro percorso». Una discesa «dolce e graduale» nel quale gioca un certo ruolo anche il buon rappporto con la Francia. Ma nessuno pensi a contrastare così i diktat tedeschi perché «il motore franco-tedesco resta fondamentale». Un’altalena, quella degli spread, che almeno per l’Italia dipende dal fatto se nell’Eurozona prevalgono le misure a favore della stabilità o l’incapacità a decidere.
Ma è nelle risposte all’intervista congiunta con Francois Hollande ad Euronewes che Mario Monti sfodera il suo repertorio migliore. All’intervistatore di “global conversation” che gli chiede se è possibile immaginare una cancellazione totale del debito greco il presidente del Consiglio spiega che «è difficile fare previsioni, che si tratta di un atto non nuovo e che la stessa Germania ne è stata beneficiata all’inizio degli Anni ’50». Monti invita a non dimenticare che la Grecia, al momento del suo ingresso nell’euro, era un Paese in cui le regole erano poco rispettate, l’evasione fiscale più alta d’Europa e concorrenza e meritocrazia parole inesistenti, l’antitesi di una moderna economia di mercato». Ma la parte piena del bicchiere, per Monti, è che «la Grecia fuori dall’euro non avrebbe neanche cominciato ad avviarsi sulla via della modernizzazione e oggi vive una rivoluzione per la quale di solito serve una generazione».
Rispetto ad Hollande, Monti appare molto più brillante nelle risposte sulla politica europea. Sulle divisoni relative al bilancio comunitario il premier italiano ricorda che si tratta dell’1% del Pil europeo, cifra rilevante ma minuscola in termini relativi. Nonostante i tempi difficili, secondo Monti «certe spese sono convenienti rispetto alla frammentazione nazionale e quindi non siamo pregiudizialmente contrari a maggiori spese purché ci si dimostri che sono utili e consentono risparmi». E poi la domanda ricorrente: non c’è il rischio che la cura da cavallo per salvare l’eurozona aggravi la malattia? «Bisogna rendersi conto di quali sono le cause della malattia – risponde Monti – non tanto la disciplina di bilancio di oggi ma la mancanza di questa disciplina in passato; fino a quando la moneta unica non ha imposto vincoli non c’era neppure un dibattito; c’era disattenzione totale sui deficit da parte dei governi di qualsiasi colore eppure già da allora era chiaro che le vittime sarebbero stati i giovani, ora disoccupati». Monti insiste sulla sua idea: non bisogna eludere la disciplina di bilancio ma «arricchire l’arsenale di politica economica della Ue con interventi su crescita e sviluppo». Anche così, secondo Monti, «si potrà riconciliare l’opinione pubblica con l’Unione europea vista come una creatura arcigna disattenta ai problemi sociali». E svalutare l’euro? «In economia – dice – penso che non debbano esistere tabù ma non credo si tratti della pista più concreta di politica economica; abbiamo bisogno di più Europa e del mercato unico come elemento di crescita».
Infine Euronews chiede a Monti e Hollande se qualche problema disturba i loro sonni. Il presidente francese tergiversa. Monti, invece, è chiaro: «Non sono un capo di Stato e forse anche per questo dormo piuttosto bene anche perché quando si ha la coscienza di avere fatto il possibile in condizioni così difficili di notte si dorme».