L’Italia ha buone opportunità di diventare un «hub» finanziario europeo mettendo a frutto capacità e competenze. L’occasione è rappresentata dagli asset cui Londra dovrà rinunciare come conseguenza della Brexit. Dalle attività di clearing (regolazione delle transazioni) alle autorithy come l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, che devono lasciare la City rimasta senza il «passaporto» dell’Ue. Lo ha spiegato ieri Jean-Pierre Mustier, il ceo di Unicredit, a una platea di 170 investitori, asset manager, fondi e private equity che ogni giorno comprano a Piazza Affari le azioni delle aziende. Nomi come Fidelity, Axa e l’inglese Momentum. Con loro anche 110 fondi che sottoscrivo i bond delle imprese e 55 realtà quotate, pari alla metà della capitalizzazione della Borsa. Il quadro è stato quello dell’Italian investment conference, l’appuntamento annuale che questa volta ha avuto come riferimento «Milano, capitale europea, porta d’ingresso verso l’Italia» che può anche intercettare nuove attività. È stato il caso di Amundi che ha comprato da Unicredit i fondi Pioneer ma ha deciso di creare a Milano la seconda piattaforma dopo Parigi. Al fianco di Mustier, il capo della segreteria tecnica del Tesoro, Fabrizio Pagani che ha sottolineato come il Paese abbia fatto passi in avanti su fisco e lavoro, anche se c’è ancora da fare per attrarre gli investimenti stranieri.
Daniela Polizzi