Anche Stati Uniti, Russia e Cina premono per un accordo. Il presidente Usa Barack Obama ha telefonato al collega francese François Hollande «per facilitare una ripresa delle trattative». Il premier cinese Li Keqiang, a Bruxelles per il vertice Ue-Cina, ha dichiarato che «è nell’interesse della Cina che la Grecia resti nella zona euro e sollecitiamo i creditori internazionali perché arrivino a un accordo con la parte greca». Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, ha confermato l’appoggio a Tsipras e ha esortato l’Ue a evitare «uno scenario dalle conseguenze nefaste». Juncker, che istituzionalmente non dovrebbe interferire nella politica interna dei Paesi membri, ha attaccato il governo Tsipras invitando gli elettori ellenici a non seguire l’indicazione del «no» e a votare «si» alle proposte dei rappresentanti dei creditori (Commissione, Bce e Fmi di Washington). Ha aggiunto che «votare no vorrebbe dire che la Grecia dice no all’Europa».
Nell’Eurogruppo di sabato scorso il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis aveva specificato che «il referendum non è sull’euro o sull’Ue» ma punta solo a «far decidere al popolo» sulle misure di austerità introdotte su richiesta dei creditori perché «negli ultimi cinque anni in Grecia non hanno funzionato».
Juncker è stato contestato nella riunione dei leader dei gruppi nell’Europarlamento. «Stai agendo con l’obiettivo di far cadere il governo di Tsipras», ha accusato Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese (e alleata della Lega), che ha attribuito «la colpa» del rischio di fallimento della Grecia alle «misure di austerità della troika» dei creditori. «Sei ridicola — avrebbe risposto Juncker —. Il nostro piano non contiene stupide misure di austerità, ma proposte per rilanciare la crescita della Grecia».
Il premier Matteo Renzi ha definito il referendum un «derby tra l’euro e la dracma». Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha precisato che l’esposizione «diretta» dell’Italia in Grecia è di «35,9 miliardi».