Incertezza poi era stata espressa sull’operatività del divieto, anche quando l’organismo si avvale delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali ha raggiunto un accordo, anche per singoli affari di mediazione. Appare evidente che in tali casi l’organismo ha in coabitazione, tra l’altro, i mediatori di un altro organismo di mediazione che si trovano, pertanto, nella medesima posizione formale dei mediatori iscritti presso l’organismo “delegante”. «Di conseguenza – sottolinea la circolare -, anche al fine di evitare una facile elusione della norma, l’incompatibilità non può che estendersi anche ai mediatori dell’organismo con cui si è concluso un accordo».
Un’altra questione controversa riguarda la possibilità rimessa alle parti chiamate in mediazione di derogare consensualmente all’incompatibilità. Il ministero chiarisce invece che la materia è sottratta alla libera disponibilità delle parti. Di conseguenza, non è possibile sottoscrivere tra le parti in mediazione accordi derogatori del divieto di cui all’articolo 14 bis.
Infine, l’ultimo dubbio preso in considerazione riguarda il potere dell’organismo di rifiutare eventuali istanze di mediazione, quando gli avvocati delle parti sono iscritti, come mediatori, presso l’organismo medesimo. Considerata la funzione di vigilanza e controllo che la normativa attribuisce all’organismo, la circolare ritiene che, trattandosi di una domanda proposta in evidente violazione dinorma, all’organismo va riconosciuto il potere-dovere di rifiutare tali istanze. Di conseguenza, l’organismo di mediazione deve rifiutare di ricevere le istanze di mediazioni nelle quali si profilano ipotesi di incompatibilità.