di Simona D'Alessio
Circa cinquanta ordini forensi d'Italia su 165, a soli tre giorni dall'entrata in vigore della legge sulla mediazione obbligatoria, sono sprovvisti dei locali in cui si dovrà tentare la conciliazione fra le parti. E non si tratta, come sarebbe facile ipotizzare, di sedi dell'avvocatura situate in piccoli centri, o in aree un po' arretrate del Mezzogiorno: a non essere attrezzati, infatti, sono tanto il foro di Torino quanto quello di Catania, e l'elenco prosegue con città come Bergamo, Como, Pavia, Palermo, Pisa, Sulmona e Reggio Calabria.
Le perplessità dei legali sul nuovo sistema per dirimere le controversie sono molteplici, e una tavola rotonda pomeridiana sulla sua applicazione le ha confermate. Secondo il presidente del Cnf Guido Alpa, la media-conciliazione rimane «non compatibile con la disciplina costituzionale e di difficile applicazione», mentre Domenico Dalfino, docente di diritto processuale all'università di Bari, mette in risalto i dubbi sull'opportunità di lasciare che siano i duellanti a chiedere di formulare una proposta, soprattutto in considerazione delle gravi conseguenze di un eventuale rifiuto, «una delle parti maggiormente criticabili» della norma. Interessante è, poi, l'analisi del giurista sulla condotta che dovrà tenere il mediatore: «Sarebbe opportuno che evitasse di avere un atteggiamento troppo incline a suggerire delle soluzioni alle parti, ma dovrebbe più che altro ascoltarle e assisterle nel raggiungimento di un accordo», questo perché «la proposta conciliativa è un momento essenziale del processo di mediazione, ma io la vedo, invece, come una ipotesi residuale», successiva cioè a uno sforzo per mettere a confronto i contendenti, con l'obiettivo di far scaturire un'intesa ritenuta soddisfacente da entrambi.
Negli ingranaggi della macchina giudiziaria si scovano, poi, anche ritardi che è giusto definire cronici. Ernesto Lupo, primo presidente della Corte di cassazione, dichiara, infatti, che con gli attuali «80 mila ricorsi civili e penali all'anno, ossia circa 320 al giorno, è impossibile che si possa lavorare bene». Una nota positiva, tuttavia, la si intravede nel legame che si va saldando fra avvocati e magistrati, considerando che sono i primi, secondo Lupo, a permettere alla Cassazione di «fare giurisprudenza». E, nel giorno della festa per i 150 anni dell'unità d'Italia, sullo sfondo di una crisi economica che non accenna a lasciare la presa, gli avvocati rivendicano, sottolinea Alpa, ieri come oggi «un ruolo nella realtà operativa del paese», pur essendo consapevoli che «la lotta per i diritti è un campo minato». Da queste riflessioni nasce l'impegno dell'organismo forense per fornire agli iscritti agli albi una formazione e un aggiornamento costanti, accurati e in linea con i cambiamenti della società. Alla tre giorni capitolina hanno aderito 2.800 professionisti arrivati da ogni parte d'Italia, che possono seguire seminari che vanno ad approfondire temi che vanno dalla legislazione sugli ammortizzatori sociali, al metodo della difesa nel corso di un dibattimento, dalla tutela dei diritti umani dinanzi alle Corti europee alla riforma della riscossione, con riferimento all'accertamento esecutivo.