20.04.2021

Mediaset, sanzionata Vivendi Ma dovrà pagare solo 1,7 milioni

  • Il Corriere della Sera

Mediaset ottiene un risarcimento da 1,75 milioni da Vivendi per il mancato acquisto di Mediaset Premium, mentre non passano i ricorsi presentati da Fininvest per la violazione dei patti che facevano da cornice alla cessione della pay-tv alla media company di Vincent Bolloré, e ancora dal gruppo di Cologno per la scalata tentata dal finanziere francese. Il Tribunale di Milano ha emesso ieri tre sentenze a conclusione delle lunghe e complesse cause miliardarie promosse dal Biscione e dalla holding Fininvest contro Vivendi per la mancata acquisizione di Mediaset Premium nel 2016 e il successivo acquisto da parte dei francesi di una partecipazione del 28,8% del capitale in Mediaset.

Il gruppo di Bollorè (assistito dagli avvocati Giuseppe Scassellati Sforzolini e Ferdinando Emanuele di Cleary Gottlieb) ha ottenuto un risultato importante. In gioco c’erano richieste di danni per oltre 5 miliardi di euro avanzate da Fininvest e Mediaset contro la media company parigina. In una nota il Biscione ha espresso «soddisfazione per la conferma da parte del Tribunale di Milano del grave inadempimento di Vivendi agli obblighi previsti dal contratto» su Premium. Fonti vicine al gruppo fanno notare inoltre come siano state «respinte le loro accuse di essere stati ”raggirati”» nella fase preliminare dei negoziati che poi portò ad aprile del 2016 alla firma del contratto per l’acquisizione della pay-tv di Cologno. Da un lato, infatti, sebbene il Tribunale ha riconosciuto «l’avvenuta risoluzione del contratto, avente ad oggetto operazione di partnership strategica nel settore dei contenuti audiovisivi e scambio azionario», dall’altro «ha accertato l’inadempimento di Vivendi agli obblighi preliminari e prodromici all’avveramento della condizione costituita dall’ottenimento delle autorizzazioni amministrative necessarie all’esecuzione dell’operazione di cui sopra». I giudici hanno inoltre censurato la media company parigina per aver «deliberatamente “bloccato” il procedimento avviato presso la Commissione europea» per il rilascio del nulla osta Antitrust. Per questo Vivendi dovrà risarcire Mediaset ed Rti per «oltre 1,7 milioni di euro, oltre accessori». La richiesta era più elevata e il gruppo di Cologno ha già fatto sapere che presenterà ricorso in Appello «in merito alla quantificazione del danno subito, anche alla luce degli elementi probatori evidenziati nel corso della parallela inchiesta penale a carico di Vivendi» relativa ai tempi e alle modalità di acquisto delle azioni Mediaset «emersi successivamente allo scadere dei termini per la produzione di prove in sede civile». Prove che verranno presentate con il ricorso.

Ricorso in appello

Mediaset in appello ma solo per il quantum relativo al risarcimento imposto a Vivendi

Sono state rigettate le richieste risarcitorie avanzate da Fininvest — circa 2,5 miliardi — per la violazione da parte di Bollorè dei patti parasociali che accompagnavano la cessione di Premium, e dal Biscione — 3 miliardi — nella causa per la tentata scalata che ha portato Vivendi ad accumulare azioni fino a diventare il secondo azionista di Cologno. Viste le cifre in gioco, si trattava della parte più delicata e Bolloré porta a casa senza dubbio un punto importante. Per quanto riguarda la «scalata» — Vivendi ha ancora in portafoglio il 29,9% dei diritti di voto di Mediaset —, il Tribunale «ha ritenuto che l’operazione di acquisto, da parte di Vivendi di azioni Mediaset a partire dal dicembre 2016 per un quantitativo complessivamente di poco inferiore al 30% del capitale non sia avvenuto in violazione delle previsioni del contratto» per l’acquisto di Premium da parte dei francesi. Per i giudici, inoltre, l’operazione non può «essere ritenuta illegittima» ai sensi del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, poiché dopo la sentenza con cui la Corte Ue l’ha dichiarata contraria al diritto europeo, la norma a cui si era appellata Mediaset «non è più applicabile nell’ordinamento italiano nella sua formulazione originaria» e, scrive ancora il Tribunale, «l’operazione non integra le contestate condotte di concorrenza sleale».