15.04.2011

Maxievasione, confisca per tutti

  • Italia Oggi

di Debora Alberici  

La Cassazione inasprisce la lotta alle maxievasioni fiscali. Possono essere confiscati i beni di ciascun partecipante all'associazione per delinquere per l'intera entità del profitto a prescindere dall'effettivo arricchimento personale. A consolidare la linea dura sulla confisca per equivalente è stata la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 15157 depositata ieri, ha respinto il ricorso di un imprenditore romano al quale le autorità, nell'ambito di un'inchiesta su una maxievasione transnazionale, avevano sequestrato 376 milioni. La terza sezione penale ha chiarito che «in virtù del principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, ciascun concorrente può essere chiamato a rispondere dell'intera entità del profitto accertato sul presupposto della corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito. Una volta perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno dei correi, salvo l'eventuale riparto tra i medesimi — irrilevante ai fini penalistici — del relativo onere». Non solo. La più recente giurisprudenza — rafforzata da questa Cassazione — ammette la possibilità che il sequestro possa interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, sebbene la confisca non possa essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso. In altri termini, ecco un altro nodo della complessa vicenda, sia sul piano giuridico che su quello dei fatti, «ciascun concorrente può ritenersi destinatario del provvedimento ablativo a prescindere da ogni accertamento circa l'effettivo arricchimento personale derivante dalla commissione del reato». Né questa linea interpretativa, dice in fondo alle motivazioni la terza sezione penale, contrasta con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Infatti, secondo la lettura sistematica data con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 della Consulta, «una volta esclusa l'esistenza di vizi in ordine al fumus di reato nei confronti del ricorrente, nessuna illegittimità può essere ravvisata nel provvedimento di sequestro che, in funzione della futura possibile confisca anche per equivalente, venga disposto sui beni del singolo concorrente avendo come parametro l'intero ammontare del profitto derivante dal reato».