Insomma: nessuna obliqua bordata al governo, nessun retropensiero malizioso. Solo un cenno al dovere di vigilanza del legislatore, inserito in una riflessione più vasta a uso delle nuove toghe (con il sigillo della sua garanzia). A loro, Mattarella raccomanda di coltivare alcune virtù. Quasi dei valori morali da connettere alla professione. Cioè «coraggio, umiltà, giusto rispetto per la dignità della persona» e, insieme, «serenità e tranquillità di giudizio», anche ora che la legge Vassalli sulla responsabilità dei giudici è stata appunto modificata. Serenità, incalza, perché la possibilità di rivalsa si riferisce soltanto «a condotte soggettivamente qualificate in termini di dolo o negligenza inescusabile».
Ecco gli antidoti indicati dal presidente per chi ha quel difficile compito. Dopo aver ricordato che la società chiede giustizia, e «in tempi rapidi», insiste sull’urgenza della «lotta alla corruzione», e qui echeggia la questione morale riproposta dagli ininterrotti smascheramenti di alleanze politico-criminali in tutt’Italia. Problema cruciale, spiega, perché «il contributo alla continua costruzione dell’edificio della democrazia passa anche da qui». Così, per lui «non sarà mai abbastanza sottolineata l’alterazione grave che deriva alla vita pubblica e al sistema delle imprese, al soddisfacimento dei bisogni della comunità, dal dirottamento fraudolento di risorse verso il mondo parallelo della corruzione».
Una battaglia dura. Che richiede — e qui riprende il suo elenco — «imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo, equilibrio» e, ripete, «rispetto della dignità della persona, elemento essenziale della cittadinanza». Sembra un timore mirato alla tutela dei diritti umani di tutti, imputati o semplici sospettati, con l’invito a una maggior attenzione al ricorso alle manette. Eccessi visti più volte negli ultimi vent’anni, quando bastava un avviso di garanzia per distruggere una reputazione e quando alcuni magistrati scoprivano il gusto di stare sulla scena pubblica. Stavolta non ne parla, il capo dello Stato. Non sente il bisogno di ribadire l’avvertimento alle toghe malate di «burocrazia e protagonismo» di una settimana fa. Del resto, quella stessa espressione è appena stata usata dal suo vice al Csm, Giovanni Legnini: «Guardatevi dalle lusinghe dell’effimero protagonismo».