In attesa che gli Stati membri concordino una soluzione, la Commissione Ue dovrebbe prendere atto dei grossi limiti nei metodi attuali di valutazione dei bilanci pubblici dei Paesi Ue. E tenerne conto già nell’esame dei conti 2017, atteso nelle prossime settimane. Il governo italiano, insieme a quelli di Francia, Spagna e Portogallo, torna a far pressione su Bruxelles per la modifica dei criteri di valutazione dei bilanci, e in particolare del deficit strutturale, che sarebbe particolarmente penalizzante per alcuni Paesi, a cominciare dal nostro.
Ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, insieme ai suoi 3 colleghi, ha scritto una lettera ai commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, sottolineando il rischio che i complessi meccanismi di analisi dei conti pubblici inducano Bruxelles a dare «raccomandazioni» sbagliate, spesso pro-cicliche, ai Paesi membri. Il problema per l’Italia non è tanto la correzione dei conti del 2017, che secondo Dombrovskis sarebbe centrata almeno a prima vista grazie alle misure del decreto appena varato, ma la politica di bilancio del 2018 e degli anni successivi. Seguendo i criteri attuali, l’Italia dovrebbe continuare a fare manovre correttive pesanti per portare il deficit strutturale a zero. Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio servirebbe una manovra di 18 miliardi nel 2018 e di altri 12 l’anno nel ‘19 e nel ‘20.
Padoan sostiene, invece, che se le regole Ue fossero aggiornate, anche solo per tener conto dell’effetto sistemico della lunghissima crisi, il deficit strutturale italiano apparirebbe già in equilibrio. E non sarebbero necessarie altre manovre, come quella appena varata, che producono un effetto depressivo quando servirebbe più crescita. In ogni caso quella correzione «è contenuta e strutturale» e, secondo Padoan, era necessaria per scongiurare la percezione di un “rischio Italia”.
I conti «sono sotto controllo, il debito si è stabilizzato e il deficit continua a scendere» ha detto ieri il ministro promettendo l’accelerazione dei rimborsi Iva per compensare l’estensione dello split payment , e aprendo alla possibilità di una «web tax nazionale». Per la Corte dei Conti gli spazi di recupero dall’evasione si stanno esaurendo, e in futuro occorrerà realisticamente incidere sulle «tax expenditures».
Mario Sensini