06.04.2012

Madrid annulla l’effetto-Draghi

  • Il Sole 24 Ore

di Maximilian Cellino

Un salto all'indietro di quattro mesi tondi. Lo hanno compiuto i rendimenti dei titoli di Stato spagnoli, risaliti ai livelli precedenti l'annuncio della prima maxi-iniezione di liquidità (Ltro) della Banca centrale europea. Temono di farlo anche gli investitori, che vedono giorno dopo giorno svanire gli effetti dell'inondazione di denaro proveniente da Francoforte. E che soprattutto hanno paura, visto l'atteggiamento attendista della Bce che traspare dalle parole di due giorni fa del presidente Mario Draghi, di trovarsi a corto di quel carburante (i più critici parlano di droga) che ha avviato il rally di inizio 2012.
Senza la prospettiva di un flusso continuo di «denaro facile» anche nei prossimi mesi, pochi sembrano disposti ad acquistare i bond «periferici» europei, come dimostra il mezzo flop dell'asta spagnola di due giorni fa e conferma l'attuale rialzo dei rendimenti e degli spread di Madrid: un titolo decennale iberico rende il 5,77% e la sua distanza nei confronti del bund tedesco è tornata ieri a superare i 400 punti base, non accadeva da quattro mesi appunto. Certo, le banche iberiche erano state fra le più sollecite nel riacquistare Bonos già nel mese di dicembre (le italiane si sono invece mosse successivamente), e nel complesso il recupero messo a segno nel 2012 dai «Bonos» è stato in fondo poca cosa rispetto a quanto realizzato dai BTp italiani.
Ci sono poi da considerare i problemi oggettivi della Spagna (l'economia in frenata, la disoccupazione alle stelle, il disavanzo pubblico superiore agli impegni presi con la Ue), difficoltà riconosciute dal premier Mariano Rajoy che hanno trasformato il Paese nel nuovo osservato speciale dei mercati. Ma la sensazione che con le ultime sedute si sia chiusa la fase inaugurata con gli interventi della Bce si sta insinuando come un tarlo nella mente degli operatori. Non per niente la rincorsa al rifugio dei Bund (che peraltro non si è mai del tutto esaurita negli ultimi mesi) è tornata un obiettivo di primaria importanza: ieri il rendimento del decennale tedesco è sceso all'1,73% e il tasso del titolo a 5 anni ha addirittura toccato un minimo storico allo 0,71 per cento.
Il tutto mentre la tensione si allarga ben oltre i confini della penisola iberica: ai BTp, che ieri sui 10 anni sono tornati al 5,45% (372 punti il differenziale con la Germania), e anche ai titoli di Belgio (168 punti base) Francia (124 punti base) e Austria (107). Altro segnale da non sottovalutare è il fatto che l'allargamento dello spread (e la performance negativa di ieri) è stato più marcato sulle scadenze medio-brevi (2 e 5 anni). Un movimento che da una parte ha una spiegazione molto pratica: gli investitori preferiscono monetizzare là dove i guadagni sono stati più elevati in questi ultimi 3 mesi e tendono a vendere sulle scadenze brevi. Ma che al tempo stesso comporta un appiattimento della curva, che di per sé è un ulteriore segnale di potenziale tensione.
Va detto che le attenuanti, se si guarda alla giornata di ieri e all'intera settimana, non sono mancate: in vista delle festività pasquali (oggi i principali mercati, azionari e obbligazionari, resteranno chiusi) i volumi sono stati particolarmente ridotti e questo ha contribuito ad ampliare le oscillazioni dei titoli. C'è poi l'incognita del dato sul mercato del lavoro Usa, quello in programma oggi (insolitamente a mercati chiusi) e che è in grado di orientare le scelte degli investitori per le prossime settimane. Ieri pomeriggio le attese per indicazioni favorevoli sull'occupazione negli Stati Uniti hanno risollevato le Borse e permesso anche ai titoli di Stato europei di arrestare la frenata: un assaggio di ciò che potrebbe avvenire nei prossimi giorni, nel caso di ulteriori sorprese.