Il Codacons e tutte le Onlus non sono esenti dal pagamento del contributo unificato che è dovuto da chi chiede tutela giudiziale nei processi civile, amministrativo e tributario. Essendo un tributo la competenza a decidere in caso di contestazione spetta solo alle commissioni tributarie. Lo ha stabilito la commissione tributaria provinciale di Roma, prima sezione, con la sentenza n. 205 del 18 maggio 2012. Per i giudici capitolini non spetta l’agevolazione pretesa dal Codacons dal momento che «le esenzioni, per gli atti posti in essere nell’ambito di procedimenti giudiziari, sono disciplinate dal legislatore in maniera assolutamente esplicita». Inoltre l’esenzione prevista dall’articolo 8 della legge 266/1991, invocata nel ricorso, «riguarda unicamente l’attività sostanziale ed extraprocessuale delle associazioni di volontariato, vale a dire le loro attività procedimentali, e non anche le loro attività processuali». La commissione tributaria, tra l’altro, ha ritenuto di essere competente a decidere sull’impugnazione dell’atto con il quale è stato richiesto il pagamento del contributo perché ha natura fiscale. Sono infatti qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili in base all’articolo 19 del decreto legislativo 546/1992, «tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita». In effetti anche il Consiglio di Stato, prima sezione, con il parere 4380/2011, ha chiarito che il contributo unificato ha natura di prestazione imposta rientrante nel concetto di tributo, che trova il suo presupposto nell’insorgenza di un processo giurisdizionale o di un procedimento di tipo giustiziale. Ha peraltro precisato che il contributo è dovuto anche in caso di rinuncia al ricorso. E questa regola vale per tutti i processi per i quali la legge impone l’adempimento dell’obbligo. Quindi, anche per chi propone i ricorsi innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali. Del resto, la giurisdizione si estende a tutte le controversie che attengono all’esistenza o all’entità dell’obbligazione tributaria. Perché possa aversi una controversia fiscale, che come tale possa essere attribuita alla giurisdizione delle commissioni, non basta che il ricorrente contesti con la propria domanda l’esistenza delle condizioni da cui la legge fa dipendere il suo assoggettamento ad una determinata pretesa, ma è richiesto che la domanda sia rivolta nei confronti dell’ente impositore. Se si configura una causa fiscale rimane preclusa, per difetto di giurisdizione, la proponibilità davanti ad altra autorità giudiziaria delle azioni volte a contestare, nei confronti dell’amministrazione, la debenza del tributo, anche sotto forma di accertamento negativo della pretesa.