10.10.2011

Lo scudo fiscale lascia zone scoperte

  • Italia Oggi

di Massimiliano Tasini 

Lo scudo fiscale non copre i reati di omesso versamento Iva e di ritenute. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza del 19 luglio 2011 n. 28724.

La sentenza. La sentenza conferma che i reati di omesso versamento dell'Iva e delle ritenute fiscali non sono coperti dalla disciplina dello scudo.

Fin qui, si tratta di una conclusione che appare coerente con la norma. Ma la sentenza continua, affermando in sostanza che per fruire della immunità penale occorre stabilire una correlazione diretta tra i reati commessi e le somme che hanno formato oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione.

Il principio di correlazione. Dunque, la Corte richiede una forte correlazione fra scudo e reati. Il tema della correlazione ha formato oggetto di numerosi interventi. La stessa Agenzia delle entrate si è preoccupata di precisare, nella circolare n. 43/E del 2009, che, ai fini della copertura da futuri accertamenti tributari, «la preclusione opera automaticamente, senza necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme o alle attività costituite all'estero oggetto di rimpatrio _ e non rileva la ricostruzione puntuale degli eventi che hanno dato origine alla fuoriuscita delle attività o alla loro costituzione all'estero, né l'identificazione delle attività stesse quali frutto di evasione fiscale».

Dunque, ai fini amministrativi la situazione è, o quanto meno era, chiara. Era in quanto nella circolare n. 52/E del 2010 rispetto ai tre requisiti legali previsti dalla legge per poter dar corso allo scudo l'Agenzia ne ha aggiunto un quarto: al contribuente «_ è altresì richiesto di confermare che le attività dichiarate non erano già detenute in epoca precedente al periodo d'imposta oggetto del controllo».

Questa posizione, al di là della sua manifesta non vincolatività per i contribuenti (in questo senso la giurisprudenza di legittimità è costante: vedasi, da ultimo, Cass. 5/1/2010 n. 35), desta non poche perplessità, e potrebbe generare un contenzioso di rilievo. Tornando alla sentenza 28724/2011, è comunque da rilevare che, quanto meno sul fronte penale, il contribuente potrebbe trovarsi a dover fornire una prova assai rigorosa.

La Ctp di Rimini. Il tema della correlazione, seppure con riguardo agli accertamenti tributari, ha formato oggetto di una recente pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Rimini (sentenza 237 del 29/6/2011 resa dalla seconda sezione), con la quale è stato ritenuto corretto il comportamento del contribuente che, richiesto dai verificatori fiscali di fornire tutta una serie di chiarimenti, ha risposto a tutti i quesiti, a esclusione dell'ultimo, con il quale gli era stato chiesto di fornire elementi documentali atti a confermare che le attività dichiarate nello scudo fiscale non fossero già detenute in epoca antecedente al periodo d'imposta oggetto del controllo, ciò che aveva indotto l'Ufficio a emettere un accertamento fiscale. Per il giudice, tale richiesta, frutto della circolare n. 52/E/2010, è del tutto al di fuori della legge e della logica sottesa allo scudo fiscale, e dunque inaccettabile, con conseguente ritenuta illegittimità dell'atto impositivo.

Un ulteriore ostacolo allo scudo. Nella circolare n. 3/E del 29/1/2010 viene affermato che lo scudo non fornisce copertura sugli eventuali imponibili accertabili ai fini Iva. Tale posizione viene giustificata con la necessità di evitare un contrasto con le posizioni comunitarie in materia di Iva e di antiriciclaggio, anche avuto riguardo alle «_ relative interpretazioni della Corte di giustizia». Anche sotto questo profilo, il contribuente rischia di essere esposto ad accertamenti che, quanto meno sul fronte dell'Iva, non hanno copertura.

Controlli preventivi. Da ultimo l'Agenzia delle entrate con proprio comunicato stampa del 4 agosto 2011 ha dato notizia di una pronuncia, non citata, della Commissione tributaria provinciale di Pesaro, con la quale si afferma che «l'adesione allo scudo fiscale non preclude l'accertamento tributario qualora siano già iniziate le attività di controllo e il soggetto interessato ne abbia avuto formale conoscenza» e che «_ l'assoluzione del contribuente dal reato tributario per utilizzo di fatture inesistenti (art. 2 dlgs. n. 74/2000) non impatta sulla legittimità della pretesa fiscale».