23.07.2013

«L’Italia tagli le spese, non aumenti le tasse Lo scudo per i Btp? Meglio le riforme»

  • Il Corriere della Sera

«In questi anni di crisi abbiamo imparato che gli sforzi di risanamento dei conti pubblici devono essere integrati da una strategia che cerchi di promuovere la crescita nel lungo termine. Il consolidamento fiscale non va vanificato, ma deve essere attuato in un modo più favorevole alla crescita», spiega Peter Praet, da un anno e mezzo capo economista della Banca centrale europea e il membro del board che propone nelle riunioni del Consiglio direttivo la linea di politica monetaria da seguire. Nella sua prima intervista al «Corriere» l’economista belga 64enne chiede all’Italia «segnali forti», perché la perdita di competitività del Bel Paese è drammatica.

«In un certo numero di casi, come quello italiano e di altri Paesi in crisi, si sono imposte tasse che non hanno avuto un impatto positivo per il settore produttivo dell’economia. Allo stesso tempo, non si è tagliato abbastanza la spesa. O, quando la si è tagliata, come è avvenuto in alcuni Paesi, non si è tenuto abbastanza conto delle conseguenze, per esempio tagliando la spesa in infrastrutture. E quindi, nonostante alcuni progressi, resta ancora molto da fare e da attuare».

E che cosa suggerisce?

«È estremamente urgente attuare riforme efficaci. Penso che siano assolutamente necessari segnali forti. Il caso dell’Italia è quello di un Paese con molte risorse, ricchezza, creatività, con università, sistema scolastico e cultura eccellenti. Se si considerano tutti questi asset, ma poi si vede la posizione dell’Italia nelle classifiche in numerosi settori, come per esempio nell’ultimo rapporto della Banca Mondiale sulle attività economiche nel 2013, si vedono la Germania al 20esimo posto, la Francia al 34esimo, la Spagna al 44esimo, e l’Italia al 73esimo posto. E questo è il paradosso. Vedo che le risorse ci sono, come ci sono analisi di quanto è necessario attuare, ma quello che manca ancora è la capacità di trovare un consenso, una soluzione decisa di comune accordo per risolvere i problemi. Eppure, come dicevo prima, questo è assolutamente urgente, è cruciale».

Altrimenti, che cosa accadrebbe? L’Italia dovrebbe richiedere l’aiuto europeo attraverso il programma Omt, come suggeriscono taluni esperti?

«Le condizioni per accedere al programma Omt sono ben note e ci sono buone ragioni per averle rese rigorose. L’Omt è disegnato soprattutto per prevenire uno scenario estremo, quello dello smembramento dell’euro. E anche se non è necessaria l’attivazione dell’Omt, è comunque necessario prevenire il riemergere di tensioni nei mercati finanziari, in quanto un incremento dei tassi di mercato porterebbe ad un aumento dell’onere fiscale. Il fattore chiave è l’abilità di trovare un consenso per le riforme, per non sprecare la “finestra di opportunità” che abbiamo attualmente».

Vuole spiegarsi meglio?

«Mi riferisco al tempo guadagnato dopo il segnale molto forte, lanciato quasi un anno fa da Mario Draghi, quando ha detto che la Bce era pronta a fare “tutto il possibile” — nell’ambito del suo mandato — per salvare l’euro, e dopo l’introduzione dell’Omt. Un segnale che ha arrestato il circolo vizioso sullo smembramento dell’euro e ha dato alle autorità il tempo di mettere a posto i loro conti. Da allora, ci sono stati miglioramenti significativi, ma in alcuni Paesi è necessario fare di più. E deve essere migliorata la qualità del consolidamento dei conti pubblici».

Tanto più che la crescita sembra andare peggio del previsto.

«Attualmente, tutti gli indicatori “soft” e “hard” confermano il nostro scenario di base. Ma sono presenti ancora numerosi rischi al ribasso sulla crescita, perché siamo in una situazione fragile. Come abbiamo visto negli ultimi sei anni, non possiamo escludere un riacutizzarsi delle tensioni nei mercati. La capacità di gestire la crisi è molto migliorata, ma le autorità non devono abbassare la guardia».

A quali rischi si riferisce?

«Ci sono alcuni punti interrogativi sulla crescita in alcuni mercati emergenti, come Cina o Brasile, nei quali la crescita è stata trainata da boom nel credito e nelle materie prime. E il relativo miglioramento negli Stati Uniti sta conducendo a un riprezzamento dei mercati, con un calo del prezzo dei bond e un rialzo dei rendimenti che potrebbe condurre a un restringimento delle condizioni finanziarie. I mercati tendono a esagerare. E quando i mercati riaggiustano i loro scenari del ciclo economico, è sempre un momento delicato, la volatilità può essere elevata e l’incertezza può aumentare. Sono sviluppi che stiamo seguendo con attenzione».

E per quanto riguarda l’eurozona?

«Ci sono anche rischi al ribasso all’interno dell’eurozona, che fondamentalmente sono dovuti alle difficoltà nella realizzazione delle riforme strutturali in alcuni Paesi. Ma ci sono anche alcuni segnali positivi, come i miglioramenti negli indicatori di fiducia di alcuni Paesi. Ed è diminuita la differenza fra i Paesi che stanno incontrando difficoltà, inclusa l’Italia, e i Paesi che non sono sotto stress».

È preoccupato per il riemergere dell’instabilità in Portogallo e Grecia?

«Abbiamo intorno a noi ancora molti rischi al ribasso e possono emergere tensioni nei mercati finanziari. Le riforme nazionali e quelle della governance a livello europeo hanno bisogno di essere realizzate il più presto possibile. Noi tutti dobbiamo convincere i mercati che attuiamo seriamente le nostre riforme».

Anche nel settore bancario?

«Le riforme istituzionali sono cruciali ed è un risultato decisamente significativo quello di avere un’unica autorità di vigilanza in Europa (SSM, Single Supervisory Mechanism) e di essere nel processo di costituzione dell’unione bancaria».

Come condurrete l’analisi dei bilanci bancari?

«Il regolamento prevede una valutazione dei bilanci delle banche prima che la Bce assuma le competenze di vigilanza. Pianifichiamo una valutazione della qualità degli asset seguita da uno stress test. Questo esercizio è piuttosto delicato e difficile in termini di logistica, perché prima di tutto dobbiamo organizzare le nostre risorse e poi assicurare che conduciamo un esercizio credibile».

Quali sono i rischi?

«È necessario seguire con cautela la reazione delle banche, le quali, per far fronte alla necessità di ricapitalizzare, potrebbero ridurre ancora di più la concessione di crediti. Quindi guardiamo anche a questo aspetto. Per questo è essenziale, se si identificano delle carenze di capitale, che, se necessario, le autorità abbiano i mezzi e la volontà di forzare le banche a ricapitalizzare».

State preparando altre misure anticrisi?

«Per quanto riguarda la politica monetaria standard, i nostri tassi di interesse di base potrebbero essere ridotti ulteriormente, come ha messo in chiaro il nostro messaggio della forward guidance (dell’orientamento a tassi costanti o al ribasso della politica monetaria per un periodo prolungato di tempo). Inoltre, come misura non standard, continuiamo con l’offerta alle banche di liquidità illimitata (fino a metà 2014, ndr ). E questa settimana, mentre abbiamo rafforzato ulteriormente il nostro framework di controllo dei rischi, abbiamo ritoccato le nostre regole di eligibilità del collaterale e gli scarti di garanzia applicati sul collaterale nelle operazioni di politica monetaria dell’eurosistema e migliorato la coerenza generale del framework».