13.01.2014

L’Italia delle costruzioni cresce solo all’estero

  • Il Sole 24 Ore

Gli investimenti in opere pubbliche in Italia sono crollati del 37% dal 2004 a 2013, dal picco di 44,1 miliardi del 2004 (valori costanti 2005) ai 27,7 miliardi del 2013 (34,4 miliardi in valori correnti), un dato equivalente al periodo di crisi post tangentopoli. Per il 2014 il Cresme prevede un ulteriore calo del 2,5%, con una spesa che dovrebbe restare su questi livelli “minimi” ancora per molti anni.
Il mercato mondiale delle costruzioni è invece in forte crescita: gli investimenti globali valevano 5.704 miliardi di euro nel 2009, saliti a 6.511 nel 2013 (+14%) e soprattutto Cresme/Simco prevede una crescita fino ai 7.900 miliardi circa nel 2017 (un altro +21%). Ma Nord America e Europa sono ferme, mentre la crescita è tutta in Asia, Sud America, Africa.
Tutto questo le principali imprese di costruzione italiane l’hanno capito da tempo, e dal 2004 al 2012 il fatturato realizzato con lavori all’estero è quasi triplicato, da 2.955 a 8.754 milioni di euro (rapporto Ance ottobre 2013), mentre i ricavi in Italia scendevano da 6,5 a 6,2 miliardi.
La frenata delle opere pubbliche nel nostro Paese, rispetto a dieci anni fa, è cominciata con l’esaurirsi dei cantieri dell’alta capacità ferroviaria Torino-Milano-Napoli, che tra il 2002 e il 2006 valevano in media 2,5 miliardi di euro all’anno di spesa effettiva. Nessuna delle grandi opere della legge obiettivo è riuscita a sostituire la Tav in termini di continuità e di avanzamento effettivo annuo. E la crisi degli appalti pubblici si è poi aggravata in particolare per i crollo degli investimenti degli enti locali e delle Regioni (dai 19 miliardi del 2006 ai 10,4 del 2013, in valori costanti), a causa in primis del Patto di stabilità. E il Cresme prevede per le opere pubbliche un ulteriore -2,5% reale per il 2014,a basandosi sui dati certi.
Eppure alcune iniziative messe in campo dal governo potrebbero migliorare questo quadro. Spesso le opere pubbliche in Italia non si fanno, o procedono al ralenti, non per mancanza di finanziamenti, ma per ostacoli burocratici, veti locali, carenza di progettazione, contenziosi, fallimenti delle imprese appaltatrici. La sfida lanciata dall’esecutivo è dunque quella di utilizzare meglio le risorse che ci sono, spostandole dai progetti incagliati a nuovi interventi che diano maggiori garanzie di cantierabilità.
Le ferrovie sembrano in fase di crescita: lo scorso anno hanno pubblicato bandi per 1,8 miliardi di euro, contro gli 1,2 miliardi del 2012, e per quest’anno Rfi prevede bandi per 2.060 milioni, in gran parte piccole e medie opere. Inoltre sta decollando il cantiere per il nuovo tunnel ferroviario del Brennero: Bbt (la società Italia-Austria) ha pubblicato nel 2013 due bandi per 830 milioni su due lotti di lavori, e quest’anno è previsto l’avviso di pre-informazione per il maxi-lotto di Mules, da 1,2 miliardi di euro.
Anche la Torino-Lione (tratta internazionale) fa passi avanti, e dopo il bando da 550 milioni sulla tratta francese (gara in corso) a fine 2014/inizio 2015 si prevedono i primi bandi di lavori per 400 milioni di euro.
Grazie a nuovi fondi nella legge di stabilità Anas pubblicherà entro giugno il bando per un nuovo lotto della Salerno-Reggio Calabria da 340 milioni e proseguirà il programma Ponti e gallerie per 350 milioni. La stessa legge di stabilità ha stanziato i primi 1,8 miliardi per le nuove tratte ferroviarie ad alta capacità Napoli-Bari (in fase di avvio tratte per 2 miliardi, altri 3,6 miliardi da approvare in base alla legge di Stabilità, mancano circa 2,7 miliardi) e Brescia-Verona (2,7 miliardi, ne mancano 1,8).
L’autostrada Tirrenica (due miliardi), data molte volte per approvata, è ancora bloccata dal nodo del tracciato. E sorte simile sta vivendo un’altra strada in project financing, la Roma-Latina, finanziata dal 2004 ma mai appaltata. Il governo ha poi approvato l’autostrada Orte-Mestre (7,2 miliardi di lavori) con le defiscalizzazioni statali, ma che si trovino operatori disposti a realizzarla a queste condizioni è ancora tutto da dimostrare. Insomma, alcune grandi opere sono in corso, in fase di avvio o programmate anche in Italia. Ma il problema sono i tempi lunghi di approvazione, finanziamento, realizzazione, e così alla fine dell’anno i dati sulla spesa effettiva sono sempre largamente al di sotto delle aspettative.