A questo si aggiunga la sfibrante discussione intorno all’emendamento all’articolo 4 del ddl lavoro sulla riforma dei contratti. In pratica, la modifica che dovrebbe introdurre il testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro, con la previsione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a protezione crescente. L’ipotesi è quella su cui ha lavorato finora Maurizio Sacconi (Ncd), il relatore del disegno di legge. Il cuore del provvedimento risiede tutto nel superamento delle tutele previste dall’articolo 18 (impossibilità di licenziare senza giusta causa), e nell’introduzione di indennizzi proporzionali all’anzianità del lavoratore, in caso di licenziamento. Va da sé che una buona parte del Pd non vuole accettare la rimozione delle garanzie sancite dallo Statuto dei lavoratori, come ribadito ieri Stefano Fassina, che definisce «Renzi come Monti e la destra», ma una riunione di maggioranza fissata per le 8 di questa mattina è destinata a produrre un accordo su un testo condiviso per la modifica all’articolo 4. L’obiettivo del governo e del relatore, del resto, è presentare un emendamento che consenta di ottenere il via libera della commissione Lavoro al Senato, evitando ulteriori slittamenti.
Resta che l’eventuale superamento dell’articolo 18 si scontrerà con un imponente fuoco di sbarramento. Il leader della Fiom, Maurizio Landini, va giù piatto e dice «In queste ore riparte la filippica sull’articolo 18. Ci si dice che l’Europa ci chiede questo. Bisogna proprio dire basta, ci hanno rotto le scatole». Landini ricorda inoltre che oggi il direttivo Cgil si pronuncerà sullo sciopero generale. Netto è anche il segretario Uil, Luigi Angeletti, che boccia la modifica annunciata da Renzi. «È inutile in termini di creazione di posti di lavoro». Una delle poche voci fuori dal coro è quella del direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, «anche l’articolo 18 deve essere oggetto di una revisione, non deve essere il punto di partenza della discussione ma il punto di arrivo».