19.02.2014

Libretti con sanzioni ridotte

  • Italia Oggi

Alleggerite le sanzioni per i titolari di libretti al portatore con saldo pari o superiore a 1.000 euro. Chi ha ancora questi titoli in banca o alla posta e non li ha estinti o ridotti sotto la soglia di 1.000 euro, non rischierà più una sanzione dal 30 al 40% del saldo, ma una molto più leggera: dall’1 al 10%.

Lo prevede un emendamento del presidente della commissione bilancio del senato, Antonio Azzollini, al decreto legge «Salva Roma-bis» che dopo due settimane di stallo (tanto da far dubitare sulla stessa conversione in legge del dl 151/2013 in scadenza il 28 febbraio) ha ripreso i lavori in commissione con un esame non stop degli emendamenti in seduta notturna. Ad imprimere l’accelerazione dei lavori è stata la decisione della Conferenza dei capigruppo di far approdare domani il decreto in aula anche se il suo esame non sarà concluso in commissione.

La proposta di modifica del senatore del Nuovo Centro Destra, per quanto piuttosto eterogenea rispetto alla materia del decreto, viene incontro a quanti (soprattutto anziani e pensionati) in questi anni si siano trovati spiazzati dal progressivo abbattimento della soglia massima per l’uso del contante ridotta dal governo Berlusconi prima e Monti poi. Nel giro di poco più di un anno, infatti, (da maggio 2010 a dicembre 2011) il limite è sceso da 5.000 a 2.500 euro e poi a 1.000 euro, imponendo così la definitiva chiusura (o riduzione) dei libretti con importi più elevati del tetto massimo.

Il problema però è che, nonostante le campagne informative delle banche sui nuovi limiti, molti piccoli risparmiatori non si sono attivati, ritenendo di essere ancora in regola. Per loro il dlgs 231/2007, attuativo della direttiva antiriciclaggio, prevedeva sanzioni salate (dal 30 al 40% del saldo) ora significativamente ridotte dall’emendamento Azzollini.

Tra le modifiche approvate dalla quinta commissione di palazzo Madama, se ne segnala una, proposta dal governo, che blinda «tutti gli atti e i provvedimenti adottati e i rapporti giuridici sorti» sulla base delle norme del primo decreto Salva Roma, il dl 126/2013, lasciato decadere dopo i rilievi del Quirinale. L’effetto dell’emendamento è di mettere in sicurezza soprattutto il bilancio del comune di Roma anche se, ha minimizzato il sottosegretario Giovanni Legnini che ha seguito per il governo i lavori del decreto in commissione, «si tratta di una clausola di rito quando parte del contenuto di un decreto legge decaduto viene trasposta in un altro decreto».

Via libera anche a un emendamento di Linda Lanzillotta che reitera il Comitato permanente di consulenza e garanzia per le privatizzazioni. L’organismo supporterà il Mef nella dismissione delle partecipazioni statali e sarà composto dal direttore generale del tesoro, e da quattro esperti «di riconosciuta indipendenza e di notoria esperienza nei mercati nazionali e internazionali». L’incarico avrà durata triennale e ai componenti non spetterà alcun compenso o gettone di presenza. La senatrice di Scelta Civica ha invece dovuto incassare la bocciatura dell’emendamento sulla privatizzazione delle quote di Acea e in polemica col governo è arrivata a chiedere il ritiro del decreto legge, essendo venute meno a suo dire «le condizioni per un esame serio dei problemi che il dl Salva Roma pone».

Da segnalare anche un emendamento del Movimento 5 Stelle che punta a destinare gli immobili demaniali non utilizzati dallo Stato alle famiglie con basso reddito (Isee non superiore a 20 mila euro l’anno) sfrattate dagli enti di previdenza che hanno avviato procedure di dismissione del proprio patrimonio immobiliare. Su proposta della relatrice del decreto Magda Zanoni (Pd) e di Legnini, la proposta di modifica è stata trasformata in un ordine del giorno che impegna il governo in tal senso. L’Agenzia del demanio avrà 180 giorni di tempo, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, per individuare gli immobili potenzialmente trasferibili.