23.02.2011

Libia, le imprese temono il peggio

  • Italia Oggi

di Michele Arnese

Libia nel caos, l'alleato Gheddafi in bilico. Lo scenario che si prospetta per l'Italia, primo partner commerciale di Tripoli, è dei più foschi. Però occorre qualche razione di realismo. Partiamo dal gasdotto Greenstream che verrà svuotato a causa dei disordini verificatisi nel Paese.

L'allarmismo divampa. Eppure «la sicurezza energetica italiana non è a rischio, almeno nel breve termine», assicura Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell'Istituto Bruno Leoni: «La chiusura di Greenstream è stata decisa per mettere il tubo in sicurezza». Per quel che riguarda il petrolio, i disordini in Libia, Algeria, Egitto e Bahrein hanno un impatto sui prezzi, ma finora non sull'accessibilità delle risorse. Come ha ricordato l'Agenzia internazionale per l'energia. «Pesa, invece, il 13,2% di importazioni di gas dalla Libia, soggette a grande incertezza sugli sviluppi futuri», aggiunge Stagnaro. Se dunque l'Italia può stare relativamente tranquilla, lo stesso non può dirsi delle imprese. L'Eni ha una forte esposizione in Libia, Ma va considerato che. gli accordi con la Libia hanno un orizzonte al 2042 per la produzione di greggio e al 2047 per il metano. Anche Finmeccanica non intravvede soltanto prospettive ardue. Certo i contratti chiusi dalle società del gruppo, come quelli di Selex Sistemi Integrati per il controllo delle coste, sono stati anche l'effetto degli stretti rapporti fra il governo italiano e quello di Gheddafi. Al contempo questa relazione intensa ha avuto ripercussioni negative negli affari di Finmeccanica negli States. Un allentamento del legame con Tripoli potrebbe dischiudere nuove chance nel mercato nordamericano.Così come sembrano eccessive le preoccupazioni sul futuro delle partecipazioni della Banca centrale libica e del fondo sovrano Lia in Unicredit guidata da Federico Ghizzoni. La presenza libica supera quella del primo azionista italiano, Mediobanca. Medesimi timori si appuntano su Eni, dove i libici detengono l'1%, e Finmeccanica (2%). Ma è inverosimile che investitori di lungo periodo si trasformino in soci agguerriti e aggressivi.D'altronde sono molti i paesi europei che hanno fatto affari con Gheddafi. Gli italiani sono primi con 17,16 miliardi di dollari, ma la Francia nel 2010 è seconda con 6,62 miliardi, la Germania è quarta con quasi 5 miliardi, poi Spagna e Regno Unito.