04.09.2015

Leasing, insinuazione limitata

  • Il Sole 24 Ore
Se l’utilizzatore del leasing fallisce, l’insinuazione al passivo da parte di chi ha concesso il leasing è ammessa solo per l’importo dei canoni scaduti alla data della bancarotta. 
La Corte di cassazione, con la sentenza 17577 depositata ieri, torna sui contratti di leasing e sullo scioglimento del contratto su richiesta dal curatore. I giudici della sesta sezione civile, respingono la domanda del concedente di essere incluso nella lista dei creditori anche per i canoni successivi alla data del crack e per il prezzo dell’opzione esercitata dal curatore fallimentare.
Ma la Cassazione difende la correttezza della sentenza impugnata, perché in linea con la norma di riferimento: l’articolo 72 quater della legge fallimentare che segna la rotta da seguire in caso di fallimento dell’utilizzatore e di opzione del curatore per lo scioglimento del vincolo contrattuale. L’articolo nega la possibilità per il concedente di richiedere subito,con l’insinuazione al passivo, anche il pagamento dei canoni residui che l’utilizzatore avrebbe dovuto corrispondere se il rapporto di locazione finanziaria si fosse svolto in maniera regolare. La cessazione dell’utilizzo del bene rende, infatti, non più esigibili le somme che sarebbe stato possibile pretendere in condizioni normali.
Rimane in vita solo il diritto alla restituzione immediata dei beni, unita ad un diritto di credito eventuale. Quest’ultimo va esercitato con una successiva insinuazione al passivo, operazione che va fatta in seconda battuata perché la domanda dovrà essere tarata sulla eventuale differenza derivante dalla vendita o da una nuova “locazione” del bene restituito.
Il compito di piazzare di nuovo sul mercato il prodotto “reso” spetta al concedente che dovrà poi calcolare se, ed eventualmente di quanto, l’operazione si è rivelata in perdita rispetto al credito vantato nei confronti del cliente fallito. Un calcolo da fare secondo la nuova regolazione degli interessi fra le parti fissata dalla legge.
Per il ricorrente non passa neppure la richiesta di compensare integralmente le spese di lite, a causa della complessità delle questioni trattate. Il tribunale lo aveva condannato a pagare il 50 per cento: La Cassazione segue sul tema, il principio della soccombenza e addossa al ricorrente anche gli oneri del giudizio di legittimità.