L’intervento consente di superare la circolare 17/E del 2013 (par. 5), estendendo a questi immobili lo “sganciamento” della deduzione fiscale dalla durata contrattuale previsto dall’articolo 4-bis del Dl 16/2012. Ciò significa, operativamente, che:
se il contratto ha durata superiore a 12 anni, tale durata acquista rilevanza anche per la deducibilità del canone;
se, invece, il contratto ha durata inferiore, il costo da indicare in Unico va riparametrato alla durata minima di 12 anni, per cui, al termine del contratto, proseguirà la deduzione anche se non vi saranno più esborsi finanziari.
La deduzione comprende anche la quota interessi (diversamente dall’Irap, nell’ambito della quale, se il professionista è soggetto passivo, tale quota costituisce materia imponibile), mentre va scorporata e resa indeducibile la parte di canone relativa al terreno, generalmente pari al 20% della quota capitale. La deroga a questo criterio, infatti, si ha in casi piuttosto limitati, ossia quando la società di leasing ha acquistato il terreno per conto dell’utilizzatore e poi ha sostenuto i lavori, per cui il rapporto tra area e costruzione non è più forfettario ma analitico.
Questo comportamento evoca quanto stabilito per le imprese dall’articolo 102 Tuir, ma l’analogia termina qui, perché mentre per le imprese il leasing rappresenta una alternativa all’acquisto, per i lavoratori autonomi (almeno dal punto di vista fiscale) la scelta non si dovrebbe neppure porre: al contrario dei leasing, l’articolo 54 del Tuir non fa alcun riferimento specifico alla deducibilità in caso di acquisto diretto, come, del resto, le istruzioni a Unico 2015.
Si tratta di una discrasia difficilmente comprensibile, che dovrebbe avere riflessi anche al momento della cessione dell’immobile. Infatti, se la vendita dell’immobile acquistato e non ammortizzato segue le regole dell’articolo 67 del Tuir, quella dell’ufficio riscattato dopo aver dedotto i canoni dovrebbe produrre plusvalenza nell’ambito del lavoro autonomo (articolo 54, comma 1-bis), per quanto nei limiti proporzionali di quanto dedotto rispetto al costo complessivo. Tutto ciò dimostra come la disciplina degli immobili dei professionisti abbia avuto in questi ultimi anni troppi interventi “puntuali”, tali da rendere indispensabile un intervento di coordinamento.
I cambi di disciplina
Come emerge dai grafici in pagina, il canone sugli immobili a uso professionale non era in passato deducibile, con l’eccezione dei contratti stipulati nel triennio 2007-2009. Questo “esperimento” (che peraltro proprio in tale triennio limitava la deducibilità a un terzo) non è stato riproposto dal legislatore e anzi i professionisti utilizzatori hanno anche dovuto rinunciare alla deducibilità della rendita catastale in vigore fino al 2006 (risoluzione 13/E/2010). Non va tuttavia dimenticato che, come per le imprese (si veda «Il Sole 24 Ore» del 15 giugno), la deduzione dei canoni, salvo deroghe specifiche, segue le regole in vigore alla stipula del contratto, anche se queste poi sono mutate.
La ritrovata deducibilità del leasing immobiliare da parte dei professionisti dovrebbe far cessare (almeno dal periodo d’imposta 2014) gli accertamenti degli uffici nei confronti delle società immobiliari da tali soggetti costituite per acquisire l’immobile dedicato all’attività, talvolta ritenute espressione di abuso del diritto (Cassazione 6528/2013, Ctp Reggio Emilia 140/3/2013 e Ct II grado Bolzano 6/01/2014). È evidente che ciò che diviene deducibile a livello singolo non può originare “elusione” se dedotto da società, e il discorso non pare cambi se si deducono quote di ammortamento in società laddove il singolo avrebbe dedotto canoni.
Le regole sui beni mobili
Per i beni mobili, la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria per professionisti e artisti è già da anni attestata su una durata minima fiscale pari alla metà del periodo di ammortamento, ad eccezione degli autoveicoli (non assegnate ai dipendenti) per i quali ammortamento e leasing sono entrambi calibrati su un minimo di quattro anni. Inoltre, la quota deducibile è pari al 20% dell’ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente ad un costo di acquisto del veicolo non eccedente i 18.076 euro.