16.04.2018

L’atto sana il testamento non le lesioni di quota

  • Il Sole 24 Ore

L’atto di conferma di un testamento nullo e perciò la rinuncia alla sua invalidazione non comporta anche rinuncia alla quota di legittima. Alla quota di legittima si può rinunciare anche tacitamente. Per pretendere la legittima, il legittimario non deve previamente rinunciare ai legati disposti a suo favore. Sono questi i principi enunciati dalla Cassazione nella sentenza 5 gennaio 2018, n. 168.
La decisione afferma anzitutto che la conferma della disposizione testamentaria affetta da nullità o la volontaria esecuzione di essa (attività che, ai sensi dell’articolo 590 del Codice civile, valgono a precludere l’azione per l’invalidità del testamento) non operano rispetto alle disposizioni testamentarie che siano lesive della legittima, in quanto la convalida ha effetto verso le disposizioni testamentarie nulle, quando invece le disposizioni lesive della legittima non sono nulle, ma soltanto soggette all’azione di riduzione: sono, cioè, suscettibili di essere dichiarate inefficaci nei limiti necessari per integrare la quota di legittima.
Pertanto, l’esecuzione volontaria del testamento nullo, se vale a convalidare il testamento, non preclude al legittimario l’azione di riduzione delle disposizioni lesive della legittima, salvo che abbia manifestato, anche tacitamente, la volontà di rinunciare pure all’integrazione.
Nel nostro ordinamento vale infatti il principio per cui la rinuncia all’azione di riduzione può derivare anche da un comportamento concludente, e cioè risultare da un complesso di elementi concordanti, dai quali emerga che l’interessato abbia avuto la consapevolezza dell’esorbitanza della disposizione testamentaria rispetto ai limiti della porzione disponibile e tuttavia abbia eseguito integralmente la disposizione medesima.
In particolare, se il legittimario abbia goduto (per effetto di un legato disposto a suo favore) di beni appartenenti all’eredità e che sono destinati a comporre la sua quota di riserva, questa condotta non può essere ritenuta quale una rinuncia tacita a rivendicare la completezza della quota di legittima, qualora tale comportamento non si accompagni ad altre manifestazioni di volontà, espresse o tacite, tali da manifestare effettivamente la volontà del legittimario di rinunciare all’integrazione della sua legittima.
Proprio con riguardo, infine, ai legati che siano stati disposti dal testatore a beneficio del legittimario, questi, qualora intenda agire a tutela del proprio diritto alla legittima, non deve previamente rinunciare a detti legati, in quanto tale regola opera, per espressa previsione legislativa, solo nel caso di legato disposto in sostituzione della legittima (ai sensi dell’articolo 551 del Codice civile). Nell’ipotesi contraria, e cioè quando i legati non abbiano carattere tacitativo della legittima, il legittimario può trattenere i legati e pretendere il conseguimento della differenza tra quanto già ricevuto per testamento e quanto invece gli è riservato a titolo di quota di legittima.