Quello dell’esiguità dei canali finanziari è un problema che la crisi ha aggravato ma che esisteva ben prima quando l’enorme ammontare di liquidità globale, nel generale aumento della dimensione e del ruolo del sistema finanziario, «si è incanalato solo marginalmente verso i paesi più poveri e i risparmi privati si sono spostati dalle economie in via di sviluppo verso i mercati di quelle avanzate». Aumentare l’efficacia della Banca mondiale è di «estrema importanza». L’istituto di Washington dovrebbe essere l’«hub delle conoscenza, capace di mobilizzare il suo expertise e le informazioni per offrire soluzioni allo sviluppo adatte ai bisogni di ognuno dei suoi clienti» ha aggiunto Visco, invitandolo a «lavorare a stretto contato con i governi per creare un contesto in grado di sbloccare il potenziale del settore privato».
Le statistiche sono sfalsate, i dati arrivano con difficoltà ma il quadro che disegna la Banca mondiale è drammatico, anche se la lotta alla povertà ha prodotto grandi progressi con il calo del tasso di chi vive con meno di 1,25 dollari al giorno dal 43,6% della popolazione mondiale del 1990 al 13,4% delle stime per il 2015. I progressi però non sono stati uniformi con l’Africa subsahariana che è rimasta indietro mentre per esempio le aree del Sud Asia sono state più rapide nel progredire nello sviluppo. Gli esempi dei singoli Paesi sono significativi e tragici. La Repubblica democratica del Congo, secondo le più recenti statistiche che risalgono comunque al 2005, ha la percentuale più alta di poveri estremi, 87,7% ma presenta anche una quota altissima, 95,2%, di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno. Il Madagascar vive ai limiti della sussistenza l’87,7% dei cittadini, in aumento dal 2005 al 2010, e si raggiunge quota 95,1% includendo coloro che invece cercano di arrivare al termine della giornata mettendo insieme qualche spicciolo in più.